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La Storia di Alice

C’era una volta una coppia molto innamorata. Marianna e Antonio, dopo quasi otto anni di vita insieme,
decisero di avere un bambino. Quando quella mattina del 6 settembre, Marianna, nella farmacia in cui
lavora, scoprì di essere incinta, non vide l’ora di comunicare la meravigliosa notizia ad Antonio, ignaro di
tutto o quasi…

Fu gioia grande, tanta incredulità ma altrettanta consapevolezza che già qualcosa stava
prendendo forma nel suo grembo. Iniziò così un altro capitolo della nostra favola…

Sono Marianna, la mamma della piccola Alice e solo adesso trovo il coraggio di raccontarvi la nostra storia. Ogni mese attendevamo con ansia la visita dal ginecologo, sempre speranzosi che tutto procedesse per il meglio.
Decidemmo di eseguire il test del DNA e da lì scoprimmo che sarebbe nata una femminuccia, quella
femminuccia da me tanto desiderata. Ma quel pomeriggio del 18/11/2021 qualcosa andò storto…
un’ecografia interminabile, il ginecologo per dieci minuti non parlò continuando a controllare il feto, fino a
quando esclamò: “la bambina ha un’ernia al diaframma, di questo sono certo! Dovrà essere operata alla
nascita.” Secondi di silenzio, di incomprensione, di panico, di disperazione. Ci spiegò di cosa si trattasse…fu il
pomeriggio peggiore della nostra vita, quel sogno che doveva diventare realtà si era già sporcato. Non fu
facile prendere consapevolezza della situazione ma Alice era stata fortemente voluta da entrambi e l’unico
pensiero, dal quel momento in poi, era darle la vita. Il mese successivo, la morfologica confermò la diagnosi
di ernia diaframmatica sinistra e il 26 gennaio prendemmo il primo appuntamento all’ospedale pediatrico
Bambino Gesù in via Baldelli a Roma. Quella mattina arrivammo lì, io salii da sola, mio marito mi attese
fuori. Quando si aprì la porta di quella stanza, ad attendermi c’era un’intera equipe medica e uno di loro,
notando il mio imbarazzo mi disse: “Prego Signora, qui siamo tutti per Lei.” Quelle parole mi sciolsero e
stranamente mi sentii a casa, accolta e coccolata.

Fu in quell’occasione che ebbi la fortuna di incontrare la meravigliosa Dottoressa Isabella Fabietti, il nostro Angelo. Fu amore a prima vista!!! Mi venne subito spontaneo parlarle apertamente perché già sapevo di essere nel posto giusto nelle mani giuste. “Come si chiamerà questa bambina?”, mi chiese; ed io: “Alice!” E lei: “Alice…anche mia figlia si chiama Alice”. Conobbi anche la Dottoressa Lucia Aite, la Psicologa, che incrociava spesso il mio sguardo pronta a darmi la giusta
forza perché gli occhi, con una mascherina sul volto, riescono a dire molto. Ricordo il Dottor Scorletti,
Chirurgo neonatale, il Professore Caforio…Equipe splendida! Al termine della visita fecero salire mio marito
per illustrarci la situazione, che purtroppo era più grave di quanto si potesse pensare; la nostra bambina
aveva bassissime probabilità di sopravvivenza, quindi non era più solo il pensiero che sarebbe stata operata
alla nascita, l’obiettivo era farla nascere. La Dottoressa Fabietti, in qualità di Chirurgo fetale, ci offrì una
possibilità: un’operazione in utero, in cui si sarebbe posizionato un palloncino nella trachea di Alice per
permettere al polmoncino destro di svilupparsi maggiormente (del polmoncino sinistro non si parlava
perché nascosto dagli organi addominali risaliti nel torace). Tutto molto chiaro, lineare, ma lo stato d’animo
di noi genitori era in tempesta: quella che doveva essere una certezza, da quel momento non lo era più. I medici
ci chiesero di pensarci ma sia io che mio marito, senza neanche guardarci, avevamo già deciso:” Se è l’unico
modo per dare anche solo una chance alla nostra Alice, si vada per l’intervento in utero”. La paura era tanta,
nella stessa misura della fiducia che avevamo riposto in quei meravigliosi medici. Ci alzammo da quella
sedia confusi, tristi, arrabbiati con la vita; poche parole in macchina, consapevoli che avremmo intrapreso
un cammino tortuoso e complicato. In tutte le favole c’è una strega cattiva e la nostra era l’ernia
diaframmatica contro cui bisognava combattere.

Io da quel giorno rimasi a Roma da mia zia, mio marito ritornò giù in Calabria e questo distacco fu un altro colpo al cuore, ma anche questo faceva parte del gioco.
Ogni mercoledì appuntamento fisso a Via Baldelli per il controllo. Si concordò il giorno del ricovero presso
l’ospedale San Pietro Fatebenefratelli e quindi il giorno del primo intervento in utero. Uscendo da quella
stanza, la cara Dottoressa Fabietti mi accompagnò sottobraccio all’ascensore e, stringendomi forte,
commossa, mi sussurrò all’orecchio: “tranquilla, forza che ce la faremo!!!”. Fu in quel momento che capii
che ce l’avremmo fatta, che avrei avuto la mia bambina. Come si fa a non innamorarsi di persone così?
Medico straordinario con un’umanità incredibile. Il 15 febbraio, ormai alla trentesima settimana
gestazionale, fui ricoverata e il 17 febbraio io e la mia Alice subimmo il primo intervento. Ad aspettarci fuori
c’era mio marito. Rimasi io stessa stupita della tranquillità con cui arrivai in sala operatoria e ricordo ancora
quei sorrisi rassicuranti della Dottoressa Fabietti che mi stava aspettando per eseguire l’operazione insieme
con il Dottor Scorletti, il quale avrebbe sedato Alice. L’operazione andò benissimo, io stavo bene, nessun
dolore, ero abbastanza tranquilla e così doveva essere perché dovevo proteggere la mia Alice dalla strega
cattiva; e per tale motivo, da quel giorno io e lei ci siamo strette in un’enorme bolla. Bisognava attendere
almeno quattro settimane per subire il secondo intervento di rimozione del palloncino; dovevamo resistere
perché il polmoncino di Alice doveva crescere. Mi ero caricata di un’enorme responsabilità, come se tutto
dipendesse da me…non fu per niente facile ma sapevo che bisognava solo andare avanti. Dopo circa due
settimane fui nuovamente ricoverata perché la Dottoressa Fabietti ritenne necessario il mio assoluto riposo
fino all’intervento successivo, che fu programmato per il 15 marzo. Rimasi quei giorni in ospedale chiusa
nella bolla insieme alla mia piccola, pregai tanto, circondata da donne partorienti o che avevano già
partorito…Io in silenzio pensavo che non avrei mai potuto avere la gioia di partorire “normalmente”, di
poter stringere tra le braccia Alice appena nata e di non potercela portare a casa dopo tre giorni. La nostra
realtà sarebbe stata diversa e continuai a stringere i denti fino al giorno del secondo intervento. Anche
quello andò a buon fine e per fortuna il polmoncino di Alice era cresciuto. A quel punto bisognava resistere
fino al parto, che sarebbe stato programmato per i primi giorni di aprile. Ma la mattina del 19 marzo alle ore
05:59 Alice decise di nascere prematuramente. Venne allertata la Dottoressa Fabietti che, a sua volta, avvisò
l’equipe dell’ospedale Bambino Gesù che avrebbe dovuto assistere al parto. Alice fu subito intubata…io
molto dolorante riuscii a vederla solo un attimo prima che me la portassero via…indescrivibile l’amarezza e
il dolore che si prova… Ritornai in stanza senza di lei; io ce l’avevo messa tutta, cercai di fare del mio meglio
ma da quell’istante era la nostra piccola grande guerriera che avrebbe dovuto farcela. Furono ore molto
complesse per lei perché la situazione era davvero critica, ore interminabili, in attesa che il papà, giunto da
lei, mi desse qualche informazione. Alice aveva tanta voglia di vivere e, grazie a questa sua tenacia, riuscì a
stabilizzarsi, perché solo stabilizzandosi avrebbe potuto subire l’intervento. Fu operata il 22 marzo nel primo
pomeriggio all’interno della Terapia Intensiva Neonatale dal Dottor Conforti, Chirurgo neonatale, e lo
stesso giorno io fui dimessa. Fuori dalla TIN quel giorno c’era papà Antonio, che attendeva trepidante e
impaziente il responso dei medici: l’operazione era riuscita, la nostra guerriera continuava a tenere duro e a
dimostrare la sua straordinaria voglia di stare in questo mondo. Io per la prima volta varcai la soglia della
TIN il sabato seguente: quell’esserino così indifeso ma così forte che giaceva in quella culletta enorme era
mia figlia… non fu un abbaglio: aprì gli occhi appena sentì la mia voce. Io riuscii ad ammirare solo i suoi
enormi e bellissimi occhi, il resto era nascosto da tubi e tubicini. Alice con un piccolo passo in avanti e
qualcuno anche indietro, dimostrò giorno dopo giorno quanto amore avesse per la vita e lottò con tutta sé
stessa fino al giorno in cui la estubarono. Finalmente conobbi il volto di mia figlia…era bellissima! Da quel
momento, Alice iniziò ad alimentarsi poco alla volta con il latte materno e dopo circa un mese e qualche
giorno, uscii dalla terapia intensiva per essere spostata nel reparto di Chirurgia Neonatale…Nostra figlia era
fuori pericolo!!! In reparto c’era la possibilità di trascorrere più tempo con lei, potevamo cambiarle il
pannolino, darle il latte e prenderla in braccio. Iniziavamo ad assaporare la normalità. Il 13 maggio Alice fu
dimessa, sia io che il papà stentavamo a crederci e fu il giorno della nostra rinascita, del ritorno alla vita.

Oggi Alice ha quasi sette mesi, sta bene, beve il latte, mangia la pappa a pranzo e la frutta a merenda, gioca
e sorride tanto perché ama vivere. Saremo in eterno grati all’Ospedale Bambino Gesù con i suoi straordinari
medici; ma un grazie particolare lo rivolgo alla Dottoressa Isabella Fabietti, colei che ha dato la vita ad Alice.
Come dissi in una diretta facebook, diventare genitori è un privilegio e dunque davanti alle difficoltà’ non
abbattiamoci, dobbiamo essere lì pronti a dare sostegno ai nostri piccoli guerrieri!!! Abbiate fede e pregate,
abbiate fiducia perché quello che oggi vi sembra un sacrificio, domani sarà il maggior successo della vostra
esistenza.

Non smettete mai di sperare perché c’è sempre luce dietro le nuvole.

E vissero insieme felici e contenti.

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