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Abbiamo chiesto alla dott.ssa Capolupo, già collaboratrice di questo sito e medico dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, di descriverci l’ipotetico percorso di un  Bambino nato affetto da Ernia Diaframmatica, dalla nascita al Reparto di Chirurgia neonatale.

Crediamo sia un buon metodo per far avvicinare i futuri genitori a quei termini e a quei luoghi che saranno chiamati ad affrontare nelle prime settimane di vita dei loro figli.

Termini come: ipoplasia, ipertensione, stabilità, intubazione, emogas etc etc, saranno talmente ricorrenti nei giorni trascorsi nella terapia intensiva neonatale, che è bene, con l’aiuto di un medico, cominciare a capirne il significato.

La storia è completamente di fantasia ma il nome Francesco non è un caso, poichè viene pubblicata oggi 4 Ottobre 2007 festa di S. Francesco d’Assisi.

La Terapia Intensiva Neonatale: un possibile scenario

Francesco è nato, secondo quanto avevamo stabilito e sperato, a termine di gravidanza per permettere ai suoi “piccoli” polmoni di completare al meglio e per quanto possibile il loro sviluppo. A 22 settimane di gravidanza gli era stata diagnosticata infatti una ernia diaframmatica congenita sinistra, patologia rara  che coinvolge l’apparato respiratorio e che necessita di una assistenza molto intensiva, diversa da tutti gli altri neonati. Alla nascita è stato assistito in sala parto dalla nostra équipe già precedentemente informata della nascita di Francesco: secondo protocollo  è stato intubato e “stabilizzato” nel punto nascita, vicino all’Ospedale Bambino Gesù e quindi trasportato in terapia intensiva neonatale. L’intubazione cosi’ precoce ci ha permesso di non peggiorare la sua situazione polmonare perche’ le anse intestinali non si sono riempite di aria, come avviene quando un bambino appena nato inizia a piangere e respirare. Ciò ha permesso di evitare un ulteriore fattore di compressione sui polmoni. Sempre in sala parto abbiamo posizionato un accesso vascolare (vena ombelicale) che nei giorni a seguire ci ha permesso di “nutrire” Francesco e anche di somministrargli farmaci, eseguire prelievi ematici (indispensabili per monitorizzare le sue condizioni cliniche, senza doverlo di continuo pungere). Francesco ha risposto subito e bene alle terapie che abbiamo fatto : in sala parto ha presentato subito una buona ossigenazione a significare che i suoi polmoni, seppur piccoli (ipoplasici, come siamo soliti dire) hanno risposto bene al tipo di assistenza respiratoria avviata.

Lo abbiamo quindi trasportato in ambulanza, dopo averlo addormentato e sedato (perchè non sentisse dolore) e lo abbiamo accolto in TIN.

All’arrivo è stato pesato e sono stati subito effettuati alcuni esami che ci hanno permesso di cominciare a meglio inquadrare la sua situazione polmonare personalizzando ulteriormente la nostra assistenza per renderla piu’ specifica per lui.

Abbiamo quindi effettuato una radiografia del torace, gli esami ematochimici compresa la valutazione dei gas nel sangue, una ecografia del cuore, una ecografia cerebrale.

La radiografia del torace ci è servita a vedere quanto piccoli erano i suoi polmoni: il polmone destro di Francesco appariva  discretamente sviluppato e quello sinistro non si vedeva perchè coperto dalle anse intestinali erniate in torace.

Gli esami del sangue dicevano che Francesco  dal punto di vista ematico era in buon compenso con dei parametri di ventilazione (sono i valori che vengono impostati sul ventilatore meccanico) non troppo spinti (anche ciò a significare che lo sviluppo polmonare era globalmente soddisfacente). L’esame che in particolare serve a seguire molto da vicino il tipo di assistenza respiratoria che facciamo e quanto rispondono i polmoni a questa assistenza è l’emogasanalisi che in questi neonati viene effettuata almeno tre volte al giorno. Sulla base del risultato (volori medi di ossigeno e anidride carbonica nel sangue) sono modificati o meno il parametri di ventilazione.

Abbiamo poi atteso che il cardiologo facesse una valutazione del cuore di Francesco. Questa ha per noi una grande importanza perchè ci permette di capire il grado di “ipertensione polmonare, temibile associazione che purtroppo spesso accompagna l’ernia diaframmatica. E’ dovuta a una riduzione del calibro dei vasi dei polmoni, che può essere reversibile o meno, e che non permette il regolare flusso del sangue attraverso le arterie polmonari. Il risultato è quello di una scarsa ossigenazione dei tessuti e degli organi che puo’ portare, quando è molto grave, fino al decesso del bambino. L’ipertensione polmonare di Francesco non era grave e comunque ci permetteva di ossigenarlo adeguatamente.

Dal momento dell’ingresso in TIN si valutano collegialmente tra neonatologi, chirurghi neonatali e cardiologi le condizioni cliniche dei bambini affetti da ernia diaframmatica per decidere l’opportunita’ (indicazione) e i tempi dell’intervento chirurgico in base alla stabilita’ delle condizioni cliniche.

L’intervento chirurgico di per sé, risolve il problema dell’ernia ma non è in grado in tempi brevi di restituire la funzionalità al polmone che ha a lungo sofferto e di conseguenza non si è adeguatamente sviluppato. Il bambino va dunque attentamente seguito e valutato fino a quando è “stabile” che vuol dire  in condizioni cliniche adeguate per tollerare l’intervento chirurgico.

La stabilità” è data da una serie di valutazioni cliniche e strumentali che riguardano il tipo di assistenza respiratoria, la quantità di ossigeno somministrato, la valutazione dell’ipertensione polmonare e i parametri cardiorespiratori (per es.: frequenza cardiaca, pressione arteriosa). La stabilità dipende quindi da molteplici fattori che nel corso delle ore possono variare e darci un quadro diverso, si può passare da condizioni cliniche buone  a un aggravarsi delle stesse in diversi momenti della stessa giornata. Questo andamento alternante è dovuto principalmente alla ipertensione polmonare che, quando è presente, può far passare un neonato da uno stato di assistenza intensiva controllato a uno massimale perché l’ossigeno che noi somministriamo non arriva ai tessuti. Quando un neonato per almeno 48 ore si mantiene con parametri ventilatori bassi e condizioni cliniche costanti ed accettabili, lo definiamo “stabile”. L’intervento chirurgico viene dunque programmato,  mai prima delle 48 ore dalla nascita e solo dopo 24-48 ore di stabilità accertata.  La decisione di eseguire l’intervento viene discussa quotidianamente e in accordo tra neonatologi, chirurghi neonatali, cardiologi e altri specialisti eventualmente chiamati a consulenza.

Francesco sembrava andasse discretamente ma dopo 48 ore di vita, proprio mentre si avvicinava ad essere definito “stabile”,  ha presentato un peggioramento clinico importante. Questa è una evenienza non infrequente. Nel caso di Francesco c’è stato un aumento degli indici di infezione con un aggravarsi della ipertensione polmonare che ha richiesto tutto il supporto possibile. Nonostante la assistenza massimale  le condizioni cliniche sono rimaste gravi per cui, come avviene in questi casi, non si è proceduto all’intervento chirurgico. Quest’ultimo infatti, se viene eseguito in assenza di stabilità, peggiora le condizioni cliniche e aggrava dunque la prognosi. Questa osservazione viene da anni di esperienza nei centri internazionali più dedicati. Francesco poco alla volta è tornato a migliorare, gli indici di infezione si sono negativizzati e la ipertensione polmonare si è ridotta. Francesco ha raggiunto la sua stabilità a dieci giorni di vita e l’intervento è stato quindi ritenuto eseguibile  ed effettuato presso gli stessi locali della TIN. I bambini con ernia diaframmatica non vengono trasportati infatti in camera operatoria per evitare loro il passaggio ambientale, di temperatura e di personale di assistenza, tutti elementi fonte di possibile peggioramento delle condizioni di stabilità.

Anche nel periodo postoperatorio Francesco ha avuto un andamento discreto, a dimostrazione del fatto che i suoi polmoncini avevano raggiunto sufficiente sviluppo e funzione.

Questo ci ha permesso di iniziare a ridurre la terapia di sedazione  cominciando a svegliarlo.

Dopo circa 7 giorni dall’intervento abbiamo provato a farlo respirare autonomamente, togliendo il tubo endotracheale ma si è dimostrato subito affaticato, cosa che ci ha costretti a intubarlo nuovamente. Anche questa è una evenienza frequente e dipende in parte dallo sviluppo che hanno i polmoni, in parte da quanto tempo il bambino è rimasto intubato e con quali parametri. Il divezzamento dal respiratore è tanto più veloce quanto meno è stato il tempo di ventilazione e  anche dalla “stoffa ”  dei polmoni.

  Il nuovo tentativo di estubazione per Francesco è stato effettuato dopo qualche giorno con migliori risultati.

Con la felicità dei genitori dopo qualche giorno Francesco ha potuto essere trasferito presso il reparto di chirurgia neonatale dove ha iniziato il percorso finale che lo ha portato ad alimentarsi adeguatamente e a essere preparato per la dimissione, avvenuta a 42 giorni di vita.

Quello di Francesco è stato un percorso  mediamente complicato e che, risolvendosi per il meglio, ha reso felici i genitori e noi operatori. Purtroppo non sempre i neonati affetti da questa patologia hanno un decorso analogo, non sempre dopo un peggioramento migliorano. A volte sono bambini che non arrivano mai all’intervento chirurgico (per la loro gravità inarrestabile fin dai primi minuti di vita), che non raggiungono mai la stabilità, che dopo tante speranze alimentate e deluse nel corso dei giorni non riescono a sopravvivere. L’ernia diaframmatica congenita è una patologia ancora gravata da una alto rischio di mortalità e solo l’avanzare delle conoscenze e della ricerca potrà  aiutarci a migliorare l’attuale prognosi.

Il nostro impegno è costante e determinato, tiene conto che questa patologia richiede rigore, attenzione e cura in un percorso tecnico e umano che va iniziato al momento della diagnosi prenatale e proseguito, insieme ai genitori, fino alla dimissione del bambino e  oltre…

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