La Storia di Angelica
Tutti hanno spostato una pietra, in un fiume sulla terra.
Ed eccomi qua!
Quante volte ho aperto le pagine di questo sito e quante volte ho volutamente letto solo le storie con un lieto fine, perché così volevo finisse anche la mia.
Mi chiamo Debora, abito a Bergamo e sono mamma di una bellissima bambina di nome Beatrice e desidero molto darle un fratellino o una sorellina.
A novembre del 2006 scopro di essere incinta, purtroppo quindici giorni dopo mi dicono che l’embrione non si è attaccato e si sta già sfaldando da solo. Sono triste, ma decido che dopo il raschiamento, lascerò passare qualche mese e ci riproverò.
Alla fine di gennaio 2007, il test di gravidanza risulta positivo ed esulto dalla gioia.
Alla prima visita tutto va bene e il ginecologo mi chiede di eseguire la traslucenza nucale, (ho 37 anni ed esiste il rischio d’anomalie cromosomiche).
Non c’è nessun problema ho fatto la traslucenza anche con Beatrice, quindi vado serenamente al controllo.
La ginecologa che esegue l’esame mi comunica che il risultato è 2,6 ed è fuori dai parametri, ma devo aspettare l’esito dell’esame del sangue per saperne qualcosa di più.
Esco dallo studio incredula. Aspetto con ansia una settimana e il venerdì arriva la telefonata della ginecologa e come una trasmissione dati mi sento dire: “Il suo rischio per una trisonomia 21 è di 1:33, mentre il rischio di una trisonomia 13+18 è di 1:340!, pertanto è necessario che lei si sottoponga alla villocentesi. Le ho prenotato l’appuntamento per martedì prossimo presso la poliambulanza di Brescia”. (Vado a Brescia perché lo studio del mio ginecologo si trova in questa città).
Chiedo in stato di “trance”: “Ma cosa significa? Aspetto un bambino con alterazioni cromosomiche o no ?”
Risposta: “C’è una buona probabilità che le cose stiano proprio così, comunque solo la villocentesi, potrà confermare o smentire. Arrivederci.”
E adesso cosa faccio? Chiamo nel panico mio marito e lo avverto di prendere un permesso dal lavoro per potermi accompagnare alla villocentesi, non ho alcun’intenzione di andare senza di lui.
Poi cerco d’autoconvincermi che non sarà niente, in fin dei conti conosco alcune mamme il cui risultato della traslucenza era sballato e poi la villocentesi le ha tranquillizzate e i loro bambini non avevano nessuna anomalia cromosomica. Sarà sicuramente così anche per me.
Il 27 aprile, mi reco quindi a fare l’esame. Il dott. Zanini esegue la villocentesi in modo perfetto ed ha per me parole che mi rincuorano. Torno a casa e aspetto una settimana prima che mio marito telefoni alla Poliambulanza e chieda l’esito dell’esame.
Ho l’ansia al mille per cento, mi tremano le mani e prima che Ismaele parli, sto già piangendo al pensiero che tutto vada male.
Mio marito, invece, mi guarda e dice: “Tutto a posto è una bambina”.
Come? Allora non ci sono problemi! Evviva incubo finito, adesso posso serenamente godermi la mia tanto desiderata gravidanza.
Che gioia, un’altra bambina! Sarà bellissimo avere un’altra figlia.
Finalmente vivo la prima settimana di felicità, quando il lunedì successivo squilla il telefono. Dall’altra parte è il dott. Zanini. Mi dice che la villocentesi pur essendo in prima istanza negativa, in realtà ad un esame più approfondito (cioè dopo coltura) si evidenzia la presenza di materiale extra sul braccio lungo di un cromosoma 21, quindi è necessario che io mi sottoponga all’amniocentesi, perché solo così potremo scoprire come stanno veramente le cose.
Penso che sia pazzesco, probabilmente sto sognando, ma non andava tutto bene?
Cosa ho fatto a fare la villocentesi se poi l’esito non è sufficiente a garantire la verità del risultato?
Il dott. Zanini cerca di spiegarmi e tranquillizzarmi, ma è tutto inutile mi sento catapultata in un incubo senza fine.
L’appuntamento per l’amniocentesi è comunque fissato per l’indomani.
Chiamo Ismaele in uno stato d’ansia paranoica e lo avviso di prendere un altro permesso per accompagnarmi.
Il dott. Zanini esegue l’esame senza difficoltà, ma m’insospettisce quel suo continuo osservare il video della macchina ecografia, quindi chiedo: “Tutto bene?”
Risposta: “No, purtroppo c’è un problema più grave di quello per cui l’ho chiamata. Sospetto, ma direi che ne sono quasi certo, che la sua bambina ha l’ernia diaframmatica sinistra”.
“Che cosa vuol dire?” Lui risponde con molta meticolosità, ma non capisco assolutamente nulla, il cervello non vuole sentire.
Chiedo allora se possono fare entrare mio marito e se può rispiegarlo a lui. Gentilmente il dott. Zanini chiama mio marito e racconta di nuovo cosa sta succedendo nel torace della mia bambina.
Esco dallo studio e piango, resto seduta due ore sulla poltrona di una sala d’attesa e mi stringo a mio marito. Cosa dobbiamo fare? Quanto è grave questa situazione?
Tra una domanda e l’altra guardo Ismaele e dico: “Mi piacerebbe chiamare nostra figlia Angelica” Non so come mi sia potuto venire in mente proprio in quel momento come chiamarla, ma so che è stato allora che abbiamo deciso il suo nome.
Il passo successivo è un incontro fissato di lì a qualche giorno presso la diagnosi prenatale degli Spedali Civili di Brescia per un’ecografia di secondo livello.
La dott.sa Groli conferma l’ernia diaframmatica sinistra l’esito del suo esame cita così: “l’ecografia conferma spiccata deviazione del cuore verso la parete toracica destra, presenza dello stomaco, anse intestinali e probabilmente parte del fegato nel torace. Non altre anomalie ecograficamente osservabili a quest’epoca di gravidanza. Arteria ombelicale unica. Colloquio informativo. Verrà programmata consulenza del chirurgo pediatra. Proposta consulenza psicologica. Controllo all’esito del cariotipo definitivo”.
In sostanza ho finalmente capito che ad Angelica non si è chiuso il diaframma, questo ha comportato la risalita degli organi nel torace, spostando il suo cuore da sinistra a destra. Questa risalita degli organi è inarrestabile, quindi finiranno con il comprimere i polmoni non permettendogli il loro regolare sviluppo. Se i polmoni non si sviluppano è chiaro che dopo la nascita la mia bambina non sarà assolutamente in grado di respirare. Dovrà essere immediatamente intubata e se la sua situazione riuscirà a stabilizzarsi nei parametri vitali, allora e solo allora potrà essere operata. L’operazione consiste nel riposizionarle il cuore, spostare tutti gli organi risaliti, nella loro sede naturale (la situazione si complica se anche il fegato risale perché è un organo solido) e chiuderle il diaframma.
Infine sperare che viva.
Il terrore mi assale ho un solo ed unico pensiero nella testa che mi martella in continuazione NON VOGLIO VEDERE LA MIA BAMBINA MORIRE. Se la metterò al mondo e lei non dovesse farcela, nessuno potrà mai togliermela dalle braccia. Non potrei mai farcela a sopportare tanto dolore.
Nella stessa mattinata dell’ecografia di secondo livello, incontriamo la psicologa dell’ospedale. L’incontro mi sembra molto utile, lei mi aiuta a comprendere che la situazione è veramente molto grave, se decido di interrompere la gravidanza non mi devo sentire assolutamente in colpa, è una scelta più che legittima. Nessuno potrebbe metterla in discussione perché siamo genitori che devono fare una scelta e non ci dobbiamo sentire come se ci fosse una risposta giusta e una sbagliata. Qualunque sia la nostra decisione, sarà una decisione che gli altri dovranno rispettare e noi non dovremo mai avere nulla da rimpiangere.
Al rientro a casa, in macchina regna un religioso silenzio, la mia testa e quella di mio marito sono veramente in uno stato confusionale. Cosa fare?
Sicuramente ci hanno detto che dobbiamo aspettare l’esito dell’aminiocentesi, perché qualora venissero riscontrate anomalie cromosomiche, questo dovrebbe indurci a interrompere la gravidanza in quanto andrebbero ad aggravare una situazione già complicata da sé.
Una volta a casa, parlando con un’amica mi viene in mente che proprio nell’Ospedale della mia città c’è un bravissimo chirurgo pediatrico, il dott. Locatelli. Potrei prendere appuntamento con lui e iniziare a chiedere quanto sia difficile l’intervento al quale dovrebbe sottoporsi Angelica.
Lo incontriamo un sabato mattina presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo, è una persona molto gentile e con calma spiega a me e ad Ismaele in cosa consiste l’operazione.
Capiamo che ovviamente più hanno sofferto i polmoni durante la gestazione e più è difficile che ci sia un esito positivo, inoltre come già sapevamo il fegato che risale nel torace peggiora la situazione. Al momento sembra che l’unica nota positiva sia che l’ernia è a sinistra e non a destra.
Anche lui ci dice che è importantissimo conoscere l’esito dell’amniocentesi prima di prendere qualunque decisione, ma alla fine del nostro incontro aggiunge questa frase: “Comunque nel nostro Ospedale si è trasferito da pochi mesi il dott. Strobelt ed è con lui che dovreste parlare. Lui ha contatti con una struttura ospedaliera del Belgio che si occupa di bambini a cui è stata diagnostica in età prenatale l’ernia diaframmatica”.
Questa frase mi risuona nella testa per qualche giorno, ma non faccio nulla se non piangermi addosso, e più passano i giorni, più mi convinco che non accetterò mai di portare a termine la gravidanza per vedere mia figlia morire.
L’attesa dell’amniocentesi è snervante (ci vogliono tre lunghissime settimane), quindi con mio marito torno dal mio ginecologo e dopo avergliene parlato, io e Ismaele prendiamo la decisione di interrompere qui il nostro viaggio con Angelica.
Ho l’angoscia nel cuore e piango in continuazione, ma penso di non farcela proprio ad andare oltre.
Preparo la borsa per l’ospedale e la riempio di fazzoletti di carta, poi prendo appuntamento presso gli Ospedali Riuniti con un ginecologo che possa preparare i documenti per l’interruzione di gravidanza e dare il via a questa pratica.
Ed eccolo lì, l’appuntamento è fissato per sabato con il dott. Strobelt !!! Ironia della sorte.
E’ una persona di una cordialità unica al mondo. Ci ha accolto nel suo studio in Ospedale e per un’ora e mezza, con la pazienza di un Santo ci ha spiegato tutto, ma veramente tutto sull’ernia diaframmatica, sulle possibilità d’intervento anche in via intrauterina, ma soprattutto ci ha detto che le speranze di vita di nostra figlia non sarebbero mai state zero. La speranza di vivere una vita c’è anche per lei. Nessuno ha la sfera magica, ma certamente nessuno può dire a priori che finirà male.
Ovviamente, qualora scegliessimo per l’interruzione, dovremmo in ogni caso aspettare, per prassi ospedaliera, l’esito dell’amniocentesi. Diversamente se la nostra scelta è di portare a termine la gestazione, lui si rende disponibile a seguirci come ginecologo.
Usciamo dallo studio ormai con il consueto religioso silenzio di chi pensa intensamente a cosa fare e saliamo in macchina.
Sotto casa Ismaele ed io ci guardiamo e comprendiamo di volere la stessa cosa, nessuno di noi toglierà ad Angelica la sua opportunità di vivere.
Sono felice, mi sembra di essermi tolta un enorme peso dal cuore, non sarò io a fermare la vita della mia bambina.
I giorni successivi, sale l’ansia per l’esito dell’amniocentesi, mi sembra di impazzire, possibile che questo risultato non arrivi mai?
Tutta la famiglia è nel panico, non vogliamo più cambiare idea, ma ci serve l’esito negativo di questo stramaledettisimo esame.
Finalmente la telefonata arriva, mentre mi trovo alla scuola materna a prendere Beatrice. Dall’altro capo del telefono mi dicono “Signora tutto a posto l’amniocentesi è negativa, nessun problema cromosomico!”
Piango dalla gioia, è assurdo so perfettamente che Angelica ha un gravissimo problema, ma non importa posso finalmente sperare che viva.
Intorno a me ho l’affetto delle maestre della scuola materna, di suor Maria Teresa, della mia famiglia e della mia meravigliosa amica Roberta che questa gravidanza la sta vivendo con me (unica differenza è che la pancia cresce a me). Siamo tutti in lacrime, ma è bellissimo.
In considerazione della magnifica notizia, prendo subito appuntamento con il dott. Strobelt e con lui inizio il mio viaggio di speranza.
E’ un viaggio durante il quale, questo meraviglioso ginecologo non ci ha mai abbandonato, ci siamo sempre sentiti accompagnati, consigliati e sorretti per ogni scelta che abbiamo dovuto fare.
Il dott. Strobelt spiega con molta chiarezza che i polmoni di nostra figlia vengono sempre più compromessi dagli organi in risalita, ma c’è la possibilità di effettuare un intervento intrauterino in Belgio nell’ospedale di Leuven, non è sicuro che l’intervento sia necessario questo dipenderà dal valore dei polmoni quando la gravidanza sarà intorno alla ventisettesima settimana.
Se il valore del LHR il parametro che misura la grandezza del polmone controlaterale rispetto al difetto (più è elevato il valore di questo parametro, migliore è in genere la prognosi) sarà inferiore ad 1 allora, contatterà la dott.sa Donè e andremo in Belgio per un consulto ed un eventuale intervento.
Trascorro le vacanze estive tra un controllo e l’altro senza particolari ostacoli e direi abbastanza serenamente nella convinzione che tutto procederà per il meglio.
A metà luglio giunge il momento di verificare con esattezza la misura del polmone visibile d’Angelica.
Tremo, mentre il dott. Strobelt esegue tutti i calcoli necessari, alla fine la risposta è 0.92, questo significa che le probabilità di sopravvivenza di Angelica sono tra il 15 e il 20% si rende dunque necessario l’intervento se vogliamo provare a migliorare la situazione.
Ovviamente accetto di partire per il Belgio, quando sarò là un’equipe medica farà tutti i controlli necessari con i macchinari più appropriati e se effettivamente il polmone è sotto l’1 effettueranno l’intervento.
Una volta a casa contatto quindi la dott.sa Elisa Donè in Belgio, mentre mio marito organizza la nostra partenza.
La dott.sa Elisa, ancora prima di vedermi, mi spiega in cosa consiste esattamente l’intervento:
Sarà posizionato un piccolo palloncino all’interno della trachea d’Angelica. Tutto avverrà in endoscopia, in altre parole attraverso l’utilizzo di strumenti di piccole dimensioni, i medici entreranno nella cavità uterina, e metteranno il palloncino esattamente sotto le sue corde vocali.
Il palloncino dovrà rimanere in questa sede per sei settimane, in questo modo viene bloccato il normale flusso di liquido prodotto dalle vie aeree. L’accumulo di fluido all’interno del polmone d’Angelica, gli permetterà di espandersi (nonostante l’effetto di compressione degli organi), promuovendone così lo sviluppo e la crescita.
La degenza in ospedale durerà quattro giorni, dopodichè potremo rientrare in Italia.
Torneremo in Belgio alla fine delle sei settimane, per rimuovere il palloncino con un secondo intervento di fetoscopia o con una puntura sotto guida ecografia.
Entrambi gli interventi avverranno in anestesia peridurale e anche ad Angelica sarà somministrata un’anestesia tramite una puntura intramuscolare ecoguidata, per evitare che si muova durante l’operazione.
L’intervento in sé dura una decina di minuti, ma la permanenza in sala operatoria è di circa un’ora.
E’ talmente chiaro ciò che avverrà che nonostante tutto non mi viene nemmeno l’agitazione, il fatto di sapere esattamente cosa faranno, mi rende più tranquilla. Anche la voce calma e la pazienza della dott.sa Donè mi aiutano ad essere serena. Alla fine di tutti i nostri colloqui telefonici per accordarci su tutti i particolari, mi sembra di andare da una carissima amica e non in un centro ospedaliero altamente specializzato.
Questo fa molto bene al mio umore.
Prima di partire la dott. Donè mi mette in contatto con un’altra mamma di Padova che ha effettuato gli stessi interventi ai quali mi sottoporrò anch’io e adesso ha partorito il suo bellissimo Cristian.
La chiamo, quando ancora il suo tesoro è ricoverato in ospedale, ma nella sua voce si capisce benissimo che tutto procede alla perfezione, mi rassicura, mi sostiene e mi dice che sto facendo la cosa più giusta di avere fiducia perché sto andando in un ottimo ospedale.
Il suo bambino grazie all’intervento ha migliorato tantissimo il suo polmone e adesso combatte con coraggio la sua lotta per la vita, ma già s’intuisce che la vincerà.
Il 1 agosto parto con Ismaele per Leuven, una volta arrivati mio marito si sistema nella camera di una struttura paraospedaliera già prenotata per lui dalla dott.sa Donè, poi ci rechiamo in Ospedale dove ci attendono i medici dell’equipe del Prof. Deprest.
Subito mi viene effettuata una lunghissima ecografia durante la quale i medici rilevano una serie di parametri importanti per effettuare la fetoscopia.
Al termine di tutti i controlli vengo ricoverata e l’intervento è fissato per le 7 del giorno successivo.
Passo la notte senza chiudere occhio. All’alba mio marito è già lì vicino a me e le infermiere sempre gentili mi trasferiscono nella sala parto dove avverrà l’intervento.
Il Prof. Deprest è un uomo di pochissime parole, ma ripongo in lui tutta la mia fiducia.
Durante l’operazione osservo intorno a me tutte quelle persone muoversi e parlare in una lingua che assolutamente non comprendo, ma la dott.sa Donè mi spiega cosa avviene e prima che me ne renda conto hanno già finito.
Il Prof. Deprest mi saluta assicurando che l’intervento è perfettamente riuscito adesso dobbiamo pregare e tenere le dita incrociate. Lo farò di sicuro!!!!!!!!!!!!!
I giorni successivi faccio la risonanza magnetica tridimensionale e alcuni controlli ecografici per accertare che il palloncino sia ben posizionato e tutto proceda correttamente.
Il 4 agosto torno a casa.
Subito contatto il dott. Strobelt e al nostro primo controllo durante l’ecografia si accorge che una parte della membrana è scollata, ciò purtroppo può accadere proprio perché l’intervento consiste nel bucare con il fetoscopio, la placenta, per raggiungere il feto.
Vengo messa a riposo, mi dispiace tantissimo non potere giocare con Beatrice e doverle continuamente dire la mamma non può fare questo e non può fare nemmeno quello. Lei piange, ma io non posso farci proprio niente. Mi sento demoralizzata.
Passa qualche giorno e una mattina nell’alzarmi per andare ai servizi, mi sento le gambe leggermente bagnate. Cosa succede?
Ecco è accaduto ciò che non volevamo succedesse: si è rotto il sacco amniotico!
Chiamo immediatamente il dott. Strobelt che m’invita a recarmi subito in Ospedale, lui ha appena smontato il turno e sta tornando a casa.
Al mio arrivo in ostetricia, basta che dica il mio nome e subito, si attivano tutti rispettando un protocollo già predisposto appositamente per il mio caso. Quindi tutti pronti! Non ho mai visto tanti medici ed infermieri intorno a me. Un po’ mi rassicura e un po’ mi spaventa.
Mi calmo e riprendo fiato, quando vedo entrare dalla porta il dott. Strobelt! Ovviamente, il nostro meraviglioso dottore, è tornato indietro per accertare di persona cosa sta succedendo.
In sostanza perdo liquido amniotico, ma al momento la situazione non è gravissima, quindi vengo ricoverata per tenere la situazione sotto controllo.
Dopo 10 giorni di ricovero, la situazione è stabile, ma si rende necessario il mio trasferimento in Belgio, dopo tutto ciò che abbiamo fatto non posso permettere che Angelica nasca con il palloncino ancora in trachea, è necessario che venga tolto prima del parto.
Il 24 agosto parto con i miei genitori e Beatrice per il Belgio, subito vengo ricoverata presso l’ospedale di Lovanio e dopo i primi controlli, considerato che non c’è al momento nessuna urgenza di far nascere Angelica, i medici decidono di aspettare il più possibile a toglierle il palloncino, perché più tempo resta in sede e più aumentano le probabilità che il suo effetto sia duraturo.
Riusciamo ad arrivare a quattro settimane e questo sembra un buon traguardo, il polmone d’Angelica ha raddoppiato il suo volume, da 0.9 siamo arrivati a 1.8, quindi non è il caso di andare oltre.
Sono sottoposta ad una serie di controlli ecografici per verificare quale tecnica è meglio utilizzare per la rimozione del palloncino, alla fine viene deciso di toglierglielo tramite una puntura sotto guida ecografia (sarà utilizzato un lungo ago, simile a quello dell’amniocentesi).
Chiamo Ismaele che immediatamente parte per raggiungerci, c’è ovviamente la possibilità che durante l’intervento accada l’imprevedibile e che Angelica debba per forza nascere. Quindi è bene che Ismaele sia vicino a noi.
Il mercoledì sera mio marito è con me in una stanza della sala parto dove è stato preparato un letto anche per lui. Passiamo la notte vicini, ed è ciò di cui ho bisogno. Ringrazio il cielo che la mentalità ospedaliera del Belgio, comprenda le necessità di una persona nella mia situazione.
Il giovedì mattina entro in sala operatoria, mi viene fatta una “sostanziosa” peridurale (come già ho detto è possibile che debbano fare un cesareo d’urgenza), dopodichè un medico specializzato in questa tecnica di rimozione, sotto controllo ecografico attraversa il mio utero fino ad arrivare esternamente alla trachea di Angelica, proprio all’altezza del palloncino e con mano ferma, entra nella trachea e buca il palloncino. Angelica per reazione lo sputa. Tutto finito!
Cosa possiamo fare più di così? Non mi sembra vero, finalmente Angelica può nascere, certo meglio lasciare passare ancora un po’ di tempo (ha solo 7 mesi), ma tutti mi rassicurano che ormai se dovesse nascere avrebbe buone speranze di vivere.
I giorni successivi mio marito resta in Belgio con noi, Beatrice è felicissima di poter stare con il suo papà, finalmente la sua famiglia è di nuovo tutta vicino a lei.
Purtroppo però dai risultati degli esami del mio sangue, sembra ci possa essere un inizio d’infezione, quindi i medici decidono che è meglio far nascere Angelica e non rischiare oltre per la sua e la mia salute.
La domenica mattina mi viene indotto il parto, ma alle otto di sera sono dilatata di un solo centimetro! Il ginecologo ritiene sia meglio non complicare le cose e passare al taglio cesareo.
Angelica nasce alle 11.50, il primo a vederla è proprio il suo papà, le mettono il respiratore manuale e me la avvicinano, quando già è nell’incubatrice: è bellissima! Piango e spero che tutto vada bene. Adesso mia figlia deve lottare con tutte le sue forze. Mamma, papà, Beatrice e i nonni sono tutti vicino a lei.
Alle 5 del mattino, un’infermiera mi sveglia e mi dice che se Ismaele vuole scendere in patologia neonatale in questo momento c’è un’infermiera che parla italiano e può spiegargli quali sono le condizioni di Angelica.
Passano due ore prima che mio marito torni in camera, sono agitatissima non è possibile che ci voglia tutto questo tempo per avere notizie, perché non torna? Cosa sta succedendo?
Al suo arrivo in camera, mi piomba il mondo addosso.
Purtroppo, Angelica non dimostra in alcun modo di riuscire a ventilare e data la sua prematurità non può essere collegata all’ECMO (l’ossigenazione extracorporale).
Nel pomeriggio il parroco dell’ospedale mi chiede se desidero battezzare Angelica, ovviamente rispondo di sì.
Le tengo la manina, mentre viene battezzata, cosa darei per averla in braccio come ho fatto con sua sorella!
La sua situazione è molto critica, i polmoni continuano a non ventilare e i patologi neonatali sono seriamente preoccupati.
Alle 8 di sera, viene un’infermiera della patologia in camera e mi chiede di andare da Angelica e di starle vicino, perché sono convinti che non ce la farà.
Appena le sono accanto, lei apre gli occhi, sono straziata dal dolore.
Lo so mi devo preparare a perderla, ma come si fa? La accarezzo in continuazione e le parlo, spero mi senta, spero sappia che l’amo profondamente.
22 ore dopo la sua nascita, nonostante l’incessante lavoro della patologia neonatale, Angelica è morta fra le braccia della sua mamma.
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