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La storia di Marco il nostro tigrotto

Questa è la storia di Marco e di come ha affrontato con estremo coraggio un enorme nemico: l’ernia

diaframmatica.

Siamo mamma Federica e papà Tore e vogliamo raccontarvi la storia del nostro tigrotto Marco, sperando di infondere coraggio a chi come noi troverà sul proprio cammino l’ernia diaframmatica. Marco è per noi fonte di immensa gioia, è la realizzazione del nostro amore ed è stato fortemente voluto. Durante la gravidanza abbiamo sempre fatto insieme tutte le visite, uscendo dall’ambulatorio della ginecologa ogni volta più felici nel veder crescere bene Marco. Abbiamo saputo che era un maschietto relativamente presto, all’ecografia pre-morfologica fatta a sedici settimane. Eravamo molto curiosi di conoscere il sesso del bambino, anche se si sa che quello che ad ogni genitore importa davvero è che il proprio figlio sia sano. Avevamo già scelto i nomi per entrambe le opzioni quindi, soddisfatta la nostra curiosità, abbiamo decretato che l’ospite della pancia era il piccolo Marco ed eravamo doppiamente felici perché ancora una volta cresceva bene. Arrivò l’11 Febbraio: il giorno fissato per l’ecografia morfologica. Eravamo sereni e non pensavamo ad altro che a rivedere il nostro Marco sgambettare sul monitor.

Quando la nostra ginecologa, la dolcissima Dott.ssa Bosio, puntò l’ecografo il nostro “divo” ci salutò pure con la manina e noi ci guardammo sorridenti. Poi come spesso accade in questi casi la dottoressa iniziò ad insistere in un punto e mamma Federica vedeva nello schermo una macchia nera di fianco al cuore, ma non pensava minimamente che ci fosse qualcosa fuori posto. Con la scusa di aver finito il gel, sorridendo come sempre, la dottoressa si allontanò un attimo e subito dopo tornò col gel e con una collega. Lì intuimmo che qualcosa non andava ed infatti la dottoressa, cercando di essere serena il più possibile, ci disse che c’era un problema al diaframma. Istantaneamente mamma Federica fissò papà Tore senza riuscire a dire nient’altro che il suo nome e calmandosi solo quando lui le strinse forte la mano. Poi la dottoressa ci spiegò meglio cercando di tranquillizzarci. Nel diaframma sinistro c’era una breccia e lo stomaco era risalito in torace spostando a destra il cuore. Apparentemente era un anomalia isolata, il cuore e tutti gli organi erano apposto, ma per confermare la diagnosi di ernia diaframmatica ci avrebbe mandato da un collega in ospedale la sera stessa. Piuttosto agitati perché privi di estremi di valutazione in termini di gravità della patologia giungemmo nello studio del collega della nostra ginecologa per la seconda morfologica e qui la dura realtà si palesò in tutta la sua tragedia (quella che percepimmo come tale all’epoca). Possibilità di anomalie cromosomiche associate e sopravvivenza stimata del 20% a causa dell’altissima probabilità di morte in utero e della precocità della diagnosi (niente di più sbagliato, ma allora non lo sapevamo). Il medico ci propose il ricovero per il mattino seguente durante il quale avremmo eseguito amniocentesi e risonanza magnetica fetale per capirne la gravità del quadro, sempre che non decidessimo di abortire senza voler sapere ulteriori dettagli. Ci venne data la notte per pensarci perché la gravidanza era avanti e i tempi stretti. Inutile dire che uscimmo da lì distrutti, nel viaggio di rientro mamma Federica piangeva perché si sentiva in colpa e pensava di essere lei ad aver trasmesso a Marco la malformazione. Mamma Federica infatti era stata operata a 3 anni e mezzo di vita dopo vari problemi respiratori per una relaxatio al diaframma (ossia il diaframma non era ben teso come avrebbe dovuto e formava una grossa ansa dove si inseriva lo stomaco che comprimeva quindi il polmone). Questo, da un lato le dava forza perché sapeva che era un intervento risolutivo giacché ad un anno dall’operazione il suo diaframma era come nuovo, ma dall’altro la disperava per il senso di colpa. Papà Tore però seppe trovare le parole giuste e disse che avrebbero affrontato insieme questa sfida e che non era colpa di mamma Federica, era successo e basta. Decidemmo di non essere negativi e di ancorarci a quel 20%, di fare tutti gli esami consigliati perché tanto eravamo sicuri che sarebbero andati bene. Ed infatti Marco risultò sano per tutto il resto e anche l’ernia non era poi così tremenda giacché in risonanza magnetica fetale il medico ci disse di aver evidenziato entrambi i polmoni.

Ma questo lo capimmo solo nei giorni seguenti quando cercando notizie su internet riguardo all’ernia diaframmatica conoscemmo l’associazione  F.a.B.E.D. (Famiglie di Bambini con Ernia Diaframmatica). Leggemmo le testimonianze dei genitori dei bimbi che ce l’avevano fatta, vedemmo molte somiglianze con la nostra storia e decidemmo di contattarli. Ci venne confermato, come già avevamo saputo dai medici dell’ospedale dove ero stata ricoverata, che il centro d’eccellenza per questa patologia era l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. Prendemmo contatto con una famiglia sarda (Mary, Anto e il piccolo Federico) che aveva affrontato questa patologia ed incentivati sia da loro che dalla nostra ginecologa decidemmo di voler essere seguiti al Bambin Gesù. Inoltre vedemmo dalle testimonianze e dai dati sul sito della F.a.B.E.D. che se Marco fosse rimasto stabile com’era la sua sopravvivenza non era del 20% ma poteva arrivare anche fino al 75%. Una volta dimessi prendemmo quindi contatto col Bambin Gesù e con una semplice telefonata fissammo un appuntamento per l’11 Marzo ad un mese dalla morfologica. E fu grazie al consulto fatto con loro che chiarimmo tutti i nostri dubbi e che capimmo esattamente i passi che ci aspettavano. Ci comunicarono che Marco stava bene finché stava nella pancia e che non c’erano maggiori rischi di morte in utero rispetto ad una normale gravidanza e questo ci alleggerì tantissimo perché ci tolse dalla mente la morte come eventualità incombente e imprevedibile. La gravidanza doveva procedere a riposo perché il liquido amniotico era un po’ alto (come spesso accade in questa patologia) ma Marco cresceva bene, non presentava anomalie associate, aveva un discreto polmone destro ed il fegato non era erniato, quindi rientrava nella casistica migliore. Ma sopratutto mamma Federica smise di sentirsi in colpa perché le dissero che la sua relaxatio diaframmatica non centrava nulla con l’ernia diaframmatica di Marco. Le dissero che erano due cose diverse anche perché non c’era alcuna prova che la relaxatio di mamma Federica fosse congenita e non ,ad esempio, procurata da un trauma da parto; quindi era solo una brutta coincidenza. Tornammo a casa sereni e continuammo ad essere seguiti per gli esami di routine della nostra ginecologa. L’ecocardiografia fetale consigliataci dal team del Bambin Gesù risultò perfetta e il cuore non mostrò segni di sofferenza da compressione.

Il secondo controllo fatto presso il Bambin Gesù l’8 Aprile andò benissimo, il liquido era diminuito, Marco cresceva bene, il fegato era sempre in addome e riuscirono a visualizzare la gemma polmonare sinistra che nella visita precedente non si era vista. Uscimmo dall’ambulatorio più felici che mai, essere positivi stava portando sempre buone notizie e capimmo che era essenziale continuare ad esserlo. Avevamo capito quello che potevamo fare come genitori per trasmettere forza a Marco e avevamo deciso di fidarci del team del Bambin Gesù per quanto riguardava la parte medica, curando quella parte di Marco che non poteva e non può essere curata da nessun altro, ma solo dalla mamma Federica e papà Tore. Ad un mese alla nascita ci trasferimmo a Roma da parenti per essere tranquilli nel caso Marco avesse deciso di nascere prima. Quando la Dott.ssa Aite ci fece conoscere la TIN non ci spaventammo e anzi respirammo un clima di professionalità e umanità che tranquillizzò ulteriormente. All’ultimo controllo del 10 Giugno Marco ancora una volta stava benone, era cresciuto benissimo e tutta la fantastica equipe del Bambin Gesù ci comunicò di essere ai blocchi di partenza, pronta per il cesareo programmato per il 23 Giugno. Ci salutammo col numero della Dott.ssa Capolupo registrato sul telefonino che sarebbe stato da quel momento sempre libero per ogni nostra esigenza. Il 12 Giugno era il compleanno di papà Tore e anche giorno del primo monitoraggio; tanto insistette papà Tore dicendo che sarebbe stato bello festeggiare i compleanni insieme che Marco pensò che non fosse una cattiva idea e qualcosa iniziò a muoversi. Comunicammo alla Dott.ssa Capolupo che c’erano contrazioni ma ancora dal pronto soccorso non pensavano fosse il momento; lei insistette perché facessimo un monitoraggio il giorno seguente. Così fu, ogni tanto mamma Federica sentiva la pancia indurirsi ma non ci dava peso così mangiò un bel pranzo come di solito. Andammo al monitoraggio tranquilli e quando lo attaccarono ci dissero che il cesareo era imminente perché con quelle contrazioni Marco sarebbe altrimenti nato normalmente prima di sera! Al Bambin Gesù era tutto pronto già dal giorno precedente perché la Dott.ssa Capolupo ci aveva visto lungo e quindi dopo aver aspettato che mamma Federica digerisse il suo lauto pranzetto (braciola di maiale con insalata) fecero nascere il nostro cucciolo in un baleno. Papà Tore stava dietro il paravento vicino al viso di mamma Federica. Parlavamo con l’anestesista di quanto fosse bello il mare della Sardegna e ad un tratto la Dott.ssa Forleo disse che il pupo era nato, erano le 19:31 e se il padre voleva poteva seguirlo.

Marco ad 1 giorno

Mamma Federica era addormentata dal seno in giù a causa della spinale e non si accorse veramente di nulla. Nel mentre che ricucivano papà Tore tornò da mamma Federica dicendo che Marco era cicciotto e stava bene. Lo stavano intubando e preparando al trasporto al Bambin Gesù con l’ambulanza cicogna. Mamma Federica venne spostata in corsia ad attendere che l’anestesia scemasse e vide Marco proprio un attimo. Malgrado le fosse stato detto di non sollevarsi quando avvicinarono l’incubatrice, che era troppo alta per poter vedere bene da sdraiati, prese di forza la mano dell’infermiere del Bambin Gesù e lo obbligò ad issarla per mandare un bacio a Marco e vederlo bello, bianco e rosa, con dei piedini grandissimi e un sacco di capelli! Avvisammo dalla corsia i parenti più vicini, tutti increduli perché mancavano dieci giorni al cesareo programmato ma felici che fosse andato tutto bene.

Papà Tore seguì poi Marco e attese nella sala d’aspetto della TIN per vederlo. Sistemato nel lettino aperto e riscaldato anche se intubato e ventilato meccanicamente stava bene, almeno così ripetevano i medici. Respirava a ventilazione convenzionale con una percentuale d’ossigeno piuttosto bassa ed era stabile. Papà Tore fece delle foto e un video e li portò a mamma Federica che non vide i tubi e tutto il resto, ma solo il suo cucciolo che aveva bisogno di lei e del suo papà entrambi vicini per l’operazione. Se fosse rimasto stabile sarebbe stata a poco più di 48 ore di vita ossia il 16 Giugno. Questa fu la motivazione che diede forza a mamma Federica che voleva assolutamente vedere Marco prima dell’operazione. Così si alzò l’indomani mattina, inizio a muovere i primi passi l’indomani pomeriggio e venne dimessa il 16 Giugno di primo mattino. Marco nel frattempo era sempre rimasto stabile quindi sarebbe stato operato in mattinata come previsto. Arrivò giusto in tempo per vedere Marco in tutto il suo splendore, ripetergli di essere forte come un tigrotto (come tante volte aveva fatto quando era nel pancione) e dargli insieme a papà Tore un bel bacio portafortuna. L’operazione non durò molto e di questo ci stupimmo, fu Dott. Bagolan a operare Marco (ovviamente col supporto della sua equipe) e da quello che capimmo in seguito alla discussione post-operatoria era riuscito a fare un ottimo lavoro. La breccia diaframmatica era molto grande ma era riuscito a ripararla senza usare la patch, mettendo solo una retina di rinforzo ai punti di sutura. L’intestino di Marco era malrotato quindi nel portarlo di nuovo in sede aveva dovuto assecondarne la piega. Ciò non comportava nulla di particolare se non la necessità da parte di noi genitori di ricordare che Marco avrebbe avuto l’appendice a sinistra. Ora Marco doveva sfoderare la stoffa e divezzarsi dal respiratore ma non riusciva a farlo e peggiorò tanto da dover passare alla ventilazione oscillatoria. Si era formato del liquido postoperatorio sotto il polmone sinistro così venne piazzato un drenaggio e subito i parametri respiratori iniziarono a migliorare. Piano piano Marco iniziò a svegliarsi e non dimenticheremo mai il mattino in cui entrammo e trovammo il nostro cucciolo sveglio e senza respiratore. Certo c’era ancora il sondino naso gastrico, il catetere venoso centrale per l’alimentazione endovena e il drenaggio toracico, ma Marco respirava da solo! Teneva le manine alte e con una afferrò il dito di papà Tore e con l’altra quello di mamma Federica. Era il 25 Giugno e tutti e tre ci guardavamo estasiati. Dopo qualche giorno (29 Giugno) visto che il liquido toracico rimasto era pochissimo tolsero il drenaggio e salimmo in CHIN. Finalmente mamma Federica poté prendere in braccio Marco e papà Tore fece delle belle foto. Il giorno seguente anche papà Tore prese in braccio Marco ma non volle foto, avrebbe fatto foto con Marco solo una volta usciti dall’ospedale…cose da uomini. Purtroppo però il liquido sotto il polmone inizio a riformarsi e Marco a respirare sempre peggio. Iniziò a prendere il latte di mamma Federica in infusione tramite sondino naso gastrico ma smise presto di mangiare perché sembrava avere grossi problemi di reflusso. Dopo due aspirazioni del liquido sotto il polmone fatte d’urgenza perché Marco respirava a stento scoprirono, analizzandolo, che il liquido era di origine linfatica. Marco aveva un chilotorace quindi doveva prima di tutto rimettere il drenaggio e poi pian piano iniziare nuovamente a mangiare un latte speciale povero di grassi che non facesse aumentare il liquido linfatico.

Il chilotorace è una complicazione comune nei bambini operati di ernia diaframmatica: alle volte rimettendo in addome gli organi saliti in torace si lede il dotto linfatico toracico a cui tali organi facevano da “tappo” ed è quindi necessario tenere il drenaggio a lungo perché la parte si asciughi e tale dotto possa rimarginarsi. Per maggiore tranquillità Marco tornò in TIN il 7 Luglio per posizionare il drenaggio e lì rimase una settimana. Il nuovo periodo in TIN fu una benedizione per il discorso pappa oltre che per il liquido toracico perché gli infermieri della TIN credettero in Marco (sopratutto Francesco) e riuscirono a fargli mangiare per bocca col biberon fino a 60 ml, un gran traguardo! Anche noi iniziammo a dare il biberon a Marco che ogni tanto però rigurgitava creandoci ansia (era sdraiato e non poteva essere preso in braccio per via del drenaggio e quindi non era nelle condizioni ideali per mangiare bene, ma questo lo capimmo solo con l’esperienza). Il liquido diminuiva quindi il 14 Luglio tornammo in CHIN e il 20 Luglio venne finalmente tolto il drenaggio. Fu allora che mamma Federica prese l’immaginetta della madonnina che veglia tutt’oggi sua culla di Marco. Quel giorno infatti mamma Federica entrò a pregare della cappella del Bambin Gesù rivolgendosi alla madonna col bambino al lato dell’altare mentre papà Tore, più restio a questo genere di cose anche se accondiscendente, aspettava pazientemente all’ingresso. Uscendo mamma Federica diede un offerta e prese l’immaginetta da un cestino ai piedi della statua. Tornati da Marco appendemmo alla culla l’immaginetta in modo che potesse vegliare su di lui e continuando a leggere la storia capirete che così fece. L’alimentazione doveva proseguire col latte speciale perché per la risoluzione completa del chilotorace ci sarebbe voluto ancora tempo. Intanto mamma Federica da subito era entrata nel programma di donazione del latte e continuava a tirare e donare in attesa che Marco potesse riprendere il suo latte. A drenaggio rimosso rimaneva un solo ostacolo da superare: riuscire a bere il latte necessario per poter rimuovere del tutto l’alimentazione endovena e per fare questo dovevamo vincere il reflusso. Furono giorno difficili per noi perché se mangiava con mamma e papà quasi sempre andava tutto bene e non rimetteva ma quando non eravamo noi ad alimentarlo rimetteva tantissimo e così la dimissione sembrava sempre più lontana. Ovviamente il personale infermieristico faceva tutto il possibile, ma non poteva dedicare sempre tanto tempo a ogni bimbo al momento del pasto, anche perché tutti mangiavano più o meno alla stessa ora. Forse era l’affetto di mamma e papà che mancava, forse era la tecnica da noi adottata, ma avevamo infine appurato che Marco con noi rimetteva molto meno e mangiava quasi tutto via bocca. Decidemmo così in accordo col team medico e infermieristico di essere noi a dare a Marco quanti più pasti possibile durante il giorno e usare la pompa ad infusione continua via sondino naso gastrico durante la notte.

Fù così che Marco arrivò ad un buon compromesso alimentare e il 25 Luglio tolse l’ultimo cavo che lo legava alla culla, il catetere endovenoso. Ora restava da eliminare completamente la pompa ad infusione per poter essere dimessi. Quei giorni furono rocamboleschi, ormai ci sentivamo tutti e tre pronti a tornare a casa e decidemmo di fare di tutto per dimostrarlo. Confessiamo di aver occultato le prove di qualche rigurgito e versato qualche cc di latte rimasto nel lavello per non doverlo dare via sondino (perché quando Marco diceva basta via bocca era pieno e quando lo facevamo rimetteva sempre) però il nostro sesto senso di genitori ci diceva che a quel punto il Bambin Gesù aveva dato a Marco le ali per poter volare da solo e sarebbe stato molto meglio a casa.

Il 30 Luglio finalmente la dimissione anche se col sondino naso-gastrico per via del reflusso. Nato di 3 kg per 49 cm a 37+2 settimane venne dimesso 3,670 kg per 52 cm. Ebbri di gioia salutammo i tantiamici di percorso che avevamo incontrato e conosciuto con la promessa di rivederci ai controlli dei nostri bimbi in piena salute e augurando a chi ancora restava in reparto di tornare a casa presto. La sera stessa salimmo sulla nave e l’indomani mattina Marco respirò davvero per la prima volta perché respirò l’aria della Sardegna, l’aria di casa. Dopo soli due giorni a casa notammo che Marco mangiava benissimo per bocca e rimetteva raramente se non usavamo il sondino; così con un atto di coraggio papà Tore decise di toglierlo e da allora Marco iniziò a rimettere sempre meno e a mangiare sempre di più.

Marco a 5 mesi

Oggi, a quasi un anno di distanza dalla prima diagnosi, presi dall’ispirazione abbiamo deciso di stendere la storia di Marco che ormai ci sembra così lontana pur essendo così forte nella nostra memoria. Marco ha quasi otto mesi, ha totalmente risolto il chilotorace e recuperato brillantemente la funzionalità polmonare. E’ un gran mangione e grazie allo svezzamento ha ormai recuperato benissimo rientrando in normalità di peso e altezza. E’ la gioia delle nostre vite e di quelle delle nostre famiglie. Anche immaginando un bimbo speciale non avremmo potuto immaginare Marco perché nonostante tutto quello che ha superato e quanto ha dovuto lottare splende di una solarità unica. E’ un cucciolo sempre allegro, che non piange mai e regala sorrisi a chiunque gli rivolga la parola. Il 27 Settembre scorso ci siamo sposati e abbiamo fatto battezzare Marco. E’ stato un giorno favoloso e avevamo organizzato quasi tutto già prima di partire per Roma, perché nei nostri cuori sapevamo che saremmo tornati in tre e perfettamente in tempo per quella data. Quando pensiamo che se fossimo stati meno forti e meno informati Marco ora non sarebbe qui ci viene una rabbia tremenda ed è proprio questo che vogliamo gridare: “L’ernia diaframmatica è un brutto nemico, ma date ai vostri cuccioli la possibilità di batterlo”. La nostra storia insegna che quando c’è l’amore e si ha veramente fede nelle potenzialità che hanno i bimbi affetti da questa patologia si può infondere a loro la forza di superarla. Il nostro ultimo pensiero e un grazie a tutto il personale medico e infermieristico della TIN e della CHIN del Bambin Gesù e a tutti coloro che ci hanno aiutato nel nostro cammino.

Marco a 7 mesi
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