La Storia di Elena
Ieri (14 giugno 2007) Elena avrebbe compiuto 6 anni. E’ incredibile! Sono passati 6 anni da quella tragica e lunga notte del 14 giugno del 2001, quando quello che doveva essere un bel giorno, la nascita della nostra seconda figlia si è trasformata in un’immensa tragedia.
Tutto sembrava essere andato bene, fino a quel momento. Nessuno si era accorto di niente e dire che avevamo fatto tutti gli esami previsti, ben due ecografie morfologiche alla 21° settimana, una presso una struttura pubblica e una presso una struttura privata, “per essere sicuri” per poterla vedere due volte.
Tutto bene ci era sempre stato detto. Ed ora che era nata, non piangeva, era cianotica, respirava in modo strano. Purtroppo era nata di notte alle ore 00,25. Non c’era un’ecografista, pochi medici in giro se non quelli di guardia. Venne trasportata d’urgenza alla TIN, venne incubata anche se non si sapeva esattamente cosa avesse. Bisognò aspettare la mattina per avere la prima diagnosi: Ernia diaframmatica congenita destra. “Erano anni che non vedevamo un’ernia così” ci disse uno dei medici.
Era grave non si sapeva se sarebbe arrivata all’intervento chirurgico ed era già un miracolo che avesse superato la notte.
Noi eravamo assolutamente storditi, non capivamo cosa stesse succedendo, non sapevamo niente di questa malformazione, era la prima volta che ne sentivamo parlare, capivamo soltanto che era una cosa grave e terribile e non potevamo fare altro che versare lacrime su lacrime.
Quando andai a trovarla, la prima volta, fu terribile vederla conciata in quel modo. Piena di fili e tubi, immobile, sembrava già morta. Era sedata ci spiegò il medico.
All’indomani i valori si erano stabilizzati e così riuscirono a portarla in sala operatoria. Tutto sembrava fosse andato per il meglio, ma in realtà non fu così. Il fegato, grande e pesante, continuava a risalire e tentava di riprendere il posto che aveva occupato per tanti mesi lì sul polmone destro e il diaframma non era in grado di tenerlo giù. Ci vollero ben 4 interventi chirurgici, una pezza in materiale sintetico, per riuscire a tenerlo giù e a permettere a quel povero polmone così lungamente martoriato, finalmente di espandersi. La radiografia finalmente appariva bella, entrambi i polmoni erano pieni di aria. Nel frattempo svezzata da tutti i farmaci cominciava a sorriderci quando le parlavamo e cresceva anche se con fatica. Ogni giorno era una piccola battaglia vinta nella lotta per la sopravvivenza. Tuttavia la respirazione continuava ad essere assistita, senza la macchina non ce la faceva. Quel polmone anche se pieno di aria, funzionava male, non scambiava bene e faceva fatica a recuperare la sua funzionalità. Dopo quasi 5 lunghi mesi, venne estubata. Aveva bisogno dell’ossigeno ma finalmente era senza tubo e senza macchina. Tutti erano fiduciosi, piano piano ce l’avrebbe fatta. Era una bella bambina, senza altre malformazioni.
Io ero stanca, disperata, mi sembrava avere preso un cammino senza via di uscita, non ne potevo più di vederla lì dentro, di pensare che non aveva mai visto un raggio di sole,…. né mai l’avrebbe visto.
Una sera mio marito andò a trovarla, era calda, sembrava avesse la febbre. Ma avevano da poco cambiato i monitor della TIN e non avevano ancora collegato le sondine che rilevano la temperatura. Sì, disse il medico, aveva qualche linea di febbre, forse per via dei denti. Aveva infatti 5 mesi e mezzo e forse si preparava a mettere qualche dentino.
“Sono fiduciosa” aveva detto il medico a mio marito, ormai non manca molto e ve la porterete a casa”.
Mio marito era tornato a casa pieno di ottimismo.
L’indomani quando chiamai in reparto per le notizie che venivano date ai genitori alle 13 circa, il medico mi disse che la situazione, durante la notte, era precipitata. L’avevano dovuta reintubare, aveva la febbre alta, non saturava, le avevano dato un antibiotico ancora più forte, poi disse che doveva andare, Elena aveva bisogno di lei. Tornai a casa in lacrime ancora un altro colpo. Sentivo di non avere più energie per resistere, per combattere insieme a lei.
Eravamo a casa quando alle 16.00 arrivò la tanta temuta telefonata. Dovevamo andare in ospedale, subito, il medico doveva parlarci. Sapevamo che era successo qualcosa di grave …..quando arrivammo era lì immobile, avvolta in un lenzuolo bianco. Sembrava un fagottino, com’era piccola, la mia bambina! Finalmente potevo abbracciarla senza fili senza tubi ma non era così che avevo immaginato, tante volte quel momento.
Tutte le speranze coltivate, anche se con alti e bassi, in quei lunghissimi interminabili 5 mesi e mezzo erano tutte infrante.
Che dolore! Quante lacrime, ancora una volta versate.
E poi tornando a casa, avevamo il piccolino non aveva ancora 3 anni. Non potevamo farci vedere in quelle condizioni. Come avremmo fatto a spiegargli cosa era accaduto?
Undici mesi dopo è nato Daniele. Avevamo tanta paura che qualcosa potesse andare storto un’altra volta, ma per fortuna è andato tutto bene.
I nostri figli ci hanno dato la forza per superare tutto questo e soprattutto il tempo aiuta molto.
Non ho voluto finora raccontare la nostra storia perché è una storia triste con un epilogo tragico ma oggi ho voluto raccontarla per due motivi.
Il primo è per ricordare Elena nel giorno del suo compleanno, per condividere con altri la sua breve e tormentata esistenza. Pochi l’hanno conosciuta.
Il secondo è per dire a quanti in questo momento stanno vivendo un’esperienza tragica, che è vero quel che si dice, il tempo aiuta e ci troviamo ad avere delle risorse che nemmeno noi pensavamo di avere.
Mamma Noemi e Papà Gianfranco
p.s.
Trovo che un sito come questo sia molto importante per tutte quelle persone che, come noi, all’improvviso, si trovano catapultate in una realtà assolutamente nuova. Purtroppo, nel 2001, quando noi abbiamo vissuto questa storia, non esisteva e ne abbiamo sentito molto la mancanza.