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La Storia di Michele

Ciao, mi chiamo Michele Piras, vengo da Villaspeciosa, un paese vicino a Cagliari.

Quella che vi sto per raccontare è la storia della mia nascita.

È il 14 Aprile del 2009, i miei genitori hanno appena ricevuto una bellissima notizia, quella del mio arrivo. Loro sono tanto felici, perché era da tanto tempo che aspettavano questo momento.

Mamma e papà che già mi volevano un mondo di bene, iniziarono a fare le prime visite e le prime ecografie, durante le quali erano in grado di sentir battere il mio cuoricino. Per la mia mamma questi non erano giorni facili, ma la felicità era cosi tanta che  si andava avanti.

Col passare dei mesi io diventavo sempre più grande e di conseguenza, alla mia mamma cresceva un bel pancione che lei non si vergognava di mostrare al mare. È proprio in questi mesi estivi, durante un’ecografia, la dottoressa svela alla mia mamma e al mio papà che sono un maschietto.

I miei genitori, soprattutto il papà, ancora più contenti diedero la bella notizia in famiglia, e così iniziarono anche i primi acquisti: tutine, body, calzine e la stoffa per la culla che già era stata di mia mamma.

Alla trentesima settimana, la mia mamma si è sottoposta alla seconda ecografia morfologica di accrescimento; la visita sembrava andar bene, ma la dottoressa non riusciva a vedere la parte sinistra del mio diaframma, vedeva solo la parte destra e si pensò che fosse dovuto alla posizione che io avevo assunto nella pancia della mia mamma.

La dottoressa però non si fidava di questa ipotesi e allora decise di rivedere la mia mamma il giorno dopo, ma la situazione non mutò.

Questo purtroppo non andava tanto bene e allora la mia mamma andò all’ospedale per fare una risonanza magnetica.

La diagnosi fu un trauma per i miei genitori:

Ernia diaframmatica congenita sinistra.

Loro non sapevano nulla di questa patologia, ma solo il nome li spaventava, soprattutto la mia mamma aveva tanta tanta paura. La ginecologa che consiglio alla mia mamma di effettuare la risonanza, mise i miei genitori in contatto con un chirurgo pediatrico dell’ospedale SS. trinità di Cagliari.

Il chirurgo spiegò ai miei genitori di cosa si trattasse e in cosa consistesse l’intervento cui io mi sarei dovuto sottoporre appena nato.

I miei genitori chiesero consiglio anche ad altri pediatri, i quali dissero loro che, per il tipo d’intervento e per l’assistenza neonatale necessaria, sarebbe stato meglio partorire a Roma.

Questa notizia mise i miei genitori di fronte ad una difficile scelta, ma per il mio bene decisero di recarsi a Roma; presero contatto l’equipe del prof. Bagolan, presero un appuntamento e partirono subito.

Capirete che per chi proviene da un piccolo paesino in provincia di Cagliari, vedersi catapultati nella realtà della metropoli romana, fu molto difficile e stancante, i miei genitori erano esausti e nemmeno sapevano dove avrebbero dormito. All’ospedale Bambino Gesù furono accolti dalle dottoresse Nahon, Nobili e Giliberti, le quali purtroppo confermarono la diagnosi di ernia diaframmatica.

Degli amici dei miei genitori si resero disponibili per ospitarli, e cosi fecero per i due giorni successivi l’ospedale però distava 40 km dalla loro casa, e per mia mamma che ormai era arrivata alla 35ma settimana e già aveva le contrazioni, era diventato troppo  faticoso compiere il tragitto ogni giorno. Nonostante tutti i tentativi, i miei genitori non riuscirono a trovare una sistemazione migliore, nemmeno in albergo.

All’ospedale bambino Gesù conobbero Federica, un assistente sociale dell’ospedale, lei si prodigò tanto per loro e tramite una signora che si chiama Anna, riuscì a trovargli una sistemazione.

Così  mamma e papà poterono spostarsi in un albergo, non molto lontano dall’ospedale. L’albergo è un posto di lusso (Hotel Nord Nuova Roma), tre stelle, tanto che i miei genitori si preoccuparono di chiedere quanto potesse costare, e con loro stupore e gioia furono informati che sarebbero potuti stare gratuitamente per tutto il tempo necessario.

Tutti i dipendenti dell’albergo si dimostrarono molto gentili e cordiali con i miei genitori, non fecero mancar loro nulla e questo fu molto d’aiuto sia per loro sia per me.

Ormai mancava solo un mese alla mia nascita e sia io che la mia mamma avevamo bisogno di tanti controlli, che facevamo sia all’ospedale Bambino Gesù sia al Fate Bene Fratelli.

L’attesa della mia nascita e di tutto quello che sarebbe successo dopo, non faceva altro che accrescere l’ansia e la paura nei miei genitori. Per questo all’ospedale Bambino Gesù cominciarono a parlare con la dott.ssa Aite, la psicologa del reparto di terapia intensiva neonatale; questa gentilissima dott.ssa li ha seguiti e aiutati prima durante e dopo la mia nascita.

Li ha preparati ad affrontare la terapia intensiva, e gli ha fatto visitare il reparto facendogli anche vedere una bambina (Mia) che aveva la mia stessa patologia, di modo tale che si rendessero conto di ciò che avrebbero dovuto affrontare. Per tranquillizzare ancora di più soprattutto la mia mamma che aveva tanta paura, Marica, l’infermiera che seguiva Mia, parlò ancora un po’ con loro per spiegargli bene la situazione.

Poco prima della mia nascita, finalmente arrivò una buona notizia, le ultime ecografie evidenziarono che gli organi erniati erano meno del previsto, questa notizia fu molto positiva e rasserenò un pochino le dott.sse e  i miei genitori.

Nonostante ciò, man mano che il giorno prefissato per la nascita si avvicinava la paura aumentava.

Poi quel giorno arrivo, il 24 novembre  2009 alle 6,30 del mattino i miei genitori si avviarono verso l’ospedale Fate Bene Fratelli dove sarei nato.

Alle 12:09 finalmente io vidi per la prima volta la luce, e in sala operatoria insieme con me e alla mamma c’era anche il papà, ma soprattutto l’equipe del Bambino Gesù che dopo un velocissimo saluto ai miei genitori mi porto via di corsa con l’ambulanza, non prima però di essermi fato intravedere da mia Nonna e dalle zie che apposta erano giunte dalla Sardegna.

Naturalmente in ospedale era tutto pronto per il mio arrivo, e l’infermiera Marica si occupò dei primi esami e mi seguì per tutta la durata della terapia intensiva. Il mio papà era rimasto con la mamma che dopo il cesareo non stava tanto bene, ma non appena è stata meglio è corso subito da me,e mi ha potuto vedere  e fare anche delle foto da far vedere alla mamma. La dott.ssa Aite per fargli una sorpresa scrisse sulla mia copertina una frase: ”un bacino per il mio papà”, lui era molto felice ed emozionato.

Io avevo tanti tubi e fili collegati a delle macchine che mi aiutavano a respirare e a mangiare, nella stanza c’erano anche altri bambini, proprio come me e, infatti, papà a un certo punto è dovuto andar via perché ci sono degli orari da rispettare all’interno del reparto.

Quindi papà torno dalla mamma e dopo a riposare un po’ in albergo. Il giorno successivo, Mercoledì, passò tranquillo in attesa che le mie condizioni si stabilizzassero; papà faceva la spola fra i due ospedali per stare un po’ con me e in po’ con la mamma; prima di andar via la sera, i dottori gli dissero che mi avrebbero operato il giovedì.

A questo punto non rimaneva che aspettare, mamma era ancora all’ospedale e non poteva vedermi e papà invece veniva a trovarmi ogni giorno. Purtroppo il Giovedì nel mio stesso reparto ci furono delle urgenze e allora la mia operazione fu rimandata al venerdì.

La mamma allora sperò di riuscire a vedermi prima dell’operazione, infatti, venerdì pomeriggio fu dimessa e venne subito a trovarmi col mio papa. A quel punto dopo aver firmato il consenso, iniziò l’operazione, erano le sedici del 27-11-2009. L’operazione durò due ore e mezza, furono le più lunghe nella vita dei miei genitori, non passavano più anche se ogni tanti i medici uscivano per rassicurare la mamma e il papa. Alle 18:30 finalmente l’operazione finì, era andato tutto bene!

Dopo circa un’ora, i miei genitori sono entrati a vedermi, io non molto in forma, ero un po’ gonfio e tutto avvolto dai tubi, però stavo bene e i miei genitori erano cosi felici di vedermi che si misero a piangere, rimasero con me qualche ora e mi coccolarono tanto, poi andarono via perché sia io sia loro avevamo bisogno di tanto riposo.

Ormai il più era fatto, ora bisognava aspettare che io imparassi a respirare da solo, senza l’aiuto del respiratore . Passarono i giorni, e finalmente il 5 dicembre Marica telefono alla mia mamma per dirle che mi avevano tolto il tubicino che mi forniva l’ossigeno, ora ero finalmente in grado di respirare da solo e poterono spostarmi dal reparto di terapia intensiva neonatale al reparto di chirurgia neonatale.

Questo fu un momento di grande gioia per i miei genitori, gioia che purtroppo fu smorzata da una brutta notizia, Claudia una bimba che era nel mio stesso reparto purtroppo ne ce la fece, e i miei genitori che tanto avevano legato con i genitori di Claudia ne furono molto tristi.

Nel nuovo reparto, io ero il più piccolo, non c’erano nemmeno le tutine della mia taglia, infatti, ne indossavo una molto più grande di me, il che faceva sorridere tutti.

I medici dissero ai miei genitori che ora dovevo imparare a mangiare da solo senza più l’aiuto del sondino, iniziai ad  attaccarmi al seno oppure al biberon, sono stato molto bravo tanto che dopo una decina di giorni, il 17 dicembre i miei genitori ebbero la bellissima notizia che molto probabilmente avremmo potuto passare il nostro primo Natale insieme a casa nostra.

Loro non ci credevano, invece era tutto vero e il 20 dicembre fui dimesso e lo stesso giorno presi per la prima volta l’aereo tornai, anzi andai a casa mia, dove avevano preparato una festa tutta per me e per i miei genitori.

Adesso siamo tutti e tre a casa e abbiamo iniziato la nostra vita insieme, devo fare dei controlli periodici ma il peggio è finalmente passato.

Un caloroso ringraziamento va alle dott.sse Nahon, Nobili , Giliberti e Aite a  tutto il personale della TIN dell’ospedale Bambino Gesù.

Oggi ho 4 mesi e una settimana, peso 5,7 kg e sono lungo 60cm.

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