Riccardo, una meravigliosa storia
Ciao! Sono Letizia ed eccomi qua come promesso a raccontarvi la storia di Ricky, per ora il “nonno” ( anagraficamente parlando) dei bimbi di questo sito. Come mi disse il Prof. Mosca , eccezionale primario della Patologia Neonatale della Mangiagalli di Milano, l’ernia diaframmatica è una patologia “bambino-dipendente” cioè ogni bambino ha un suo percorso e tempi estremamente diversi nel superare le varie fasi che portano al traguardo, quindi non mi dilunghero’ in dettagli tecnici ,validi magari solo per la situazione di Ricky, ma cerchero’ di raccontare le emozioni, le ansie, le lacrime di paura o di gioia , lacrime versate o trattenute. Queste sensazioni sono comuni a tutti, genitori, parenti e amici dei piccoli semini un po’ difettosi o anche dei semini che hanno fretta di germogliare . A questo proposito voglio mandare da qui un caro saluto a Marco, Laura e la loro “streghetta” del sito 24settimane.it attraverso il quale ho avuto l’opportunita’ di coccolare alcune mamme a me accomunate nella sventura della cdh. Marco è stato uno dei primi ad avere l’idea di raccontarsi per essere di speranza alle famiglie Pollicine che faranno la stessa strada, queste sul loro cammino troveranno i nostri sassolini che restano come guida per il cammino.
Ma veniamo a noi : Leti, Carlo e Riccardo !!!Tutto incomincio’ a Londra , tornai senza saperlo da quel weekend di metà febbraio con in pancia un “ vermetto” , come lo chiamava il sig. Ernesto , il mio indimenticato principale .
Il 10 Marzo con il coro S.MICHELE partecipai ad una serata del “centro aiuto alla vita” e cantando “ For unto us a child is born” dal Messia di Haendel ero molto emozionata perché in quell’evento si parlava di nascite ed io la mattina dopo avrei dovuto fare il test con lo stick acquistato in farmacia. La strisciolina dello stick divenne immediatamente rosa : “ Aspettiamo un bebe’ “ scrissi sull’agenda.
Fissai quindi il primo incontro da un nuovo ginecologo, il bravissimo Dr. Tzannis, il quale oltre la classica visita registro’ su una videocassetta le immagini delle ecografie che venivano effettuate ad ogni controllo mensile,la data presunta per il parto era l’undici novembre, tutto procedeva nella norma e il 12 giugno ci disse che avremmo avuto un maschietto. Dopo questa notizia Carlo viaggiava 3 metri sopra il cielo per la gioia e abbiamo dovuto zavorrarlo per farlo scendere tra di noi. Si decise abbastanza velocemente che il suo nome sarebbe stato “Riccardo” .
Nel mese di Luglio feci altre due ecografie e tutto era nella norma tranne forti contrazioni per cui mi venne prescritta la famosa Vasosuprina. Di ritorno dalle vacanze ecco un altro controllo ma questa volta all’uscita non ci fermammo come al solito brindare al baretto di fronte allo studio infatti il sospetto di un’ernia iatale ci lascio’ un po’ amareggiati. Il dr.Tzannis mi volle rivedere prima della scadenza mensile e questa volta confermo’ il sospetto di ernia iatale e evidenzio’ anche una destrocardia. Ci spiegò alcune cose e prenotò una visita presso il Dr. Gallo in Diagnosi Prenatale alla Clinica Mangiagalli di Milano.
L’ impatto con il Dr. Gallo è uno dei ricordi piu’ traumatici che ho ,ma riflettendoci successivamente ho pensato che probabilmente i medici che in un Centro diagnostico del genere , sono chiamati a comunicare ai genitori che qualcosa non va, non hanno un compito semplice e magari si impongono di essere duri e freddi.
Il Dr. Gallo alla vista delle prime immagini dell’ecografica mi disse “ Lei ha 38 anni, ha fatto l’amniocentesi? “ Io risposi di no, che avevamo preferito non affrontare questo tipo di esami e accettare quello che sarebbe venuto. Il Dr. Gallo disse “ Adesso si rivesta, aspettatemi nella sala accanto , qui la situazione è grave, decisamente piu’ grave dell’ernia iatale.” Quei minuti passati ad aspettarlo furono interminabili, ci si guardava l’un l’altro chiedendosi perché , perché proprio a noi e poi che cosa ci sarà di tanto grave, e la domanda sull’amniocentesi aveva a che fare con questa cosa tanto grave? Quello che era certo è che avevo dentro di me un bimbo non sano , ma in che modo ?
Il Dr. Gallo rientro’, ero sudata e gelata allo stesso tempo e non riuscivo nemmeno a parlare. Carlo non ne parliamo proprio , era come paralizzato, poi mi sono fatta forza e ascoltai attentamente la spiegazione di questa sconosciuta “ernia diaframmatica “. Riccardo aveva una lacerazione nel diaframma e da qui erano risaliti in torace dapprima lo stomaco ( ecco il sospetto di ernia iatale) e successivamente milza, colon e parte di anse intestinali con conseguente spostamento a destra del cuore e schiacciamento del polmone destro , il polmone di sinistra invece era poco visibile. Mi disse che con tutta probabilità avrei dovuto subire un cesareo e il bimbo un intervento correttivo dell’ernia. Nel frattempo avevo iniziato presso l’ospedale di Vimercate il corso di preparazione al parto e decisi di proseguirlo nonostante sapevo già di non partorire li’ e che tutte le indicazioni di Carolina per la respirazione per il parto naturale, dovendo affrontare un cesareo, non mi sarebbe servite.
Niente di piu’ sbagliato, infatti durante il colloquio con il neonatologo che segui’ quello con il chirurgo, scoprii che se non si fosse verificata nessuna complicanza , sarebbe stato preferibile far nascere Riccardo con un parto naturale in quanto l’adrenalina prodotta dallo sforzo del parto naturale sarebbe stata utile ai polmoni del bambino.
Sicuramente mi sbagliero’ o non sarò precisa su qualche termine medico ma i ricordi che ho di quei momenti confusi sono questi.
Da quei colloqui uscii con due pensieri: la percentuale di sopravvivenza di questo bimbo era il 50 % e l’idea di affrontare il parto naturale rispetto al cesareo mi toglieva quel poco di tranquillità rimasta.
Mi chiedevo :“Chissa’ se riuscirò mai a spingerlo all’Acli sull’altalena “insolata “ ? come diceva la Marghe da piccola, anzi da sbirula. (E pensare che ora dobbiamo portarlo via di peso da quell’altalena), E poi “ Chissà se Riccardo vedrà gli orsetti dell’armadio e della cassettiera che abbiamo ordinato per la cameretta ? “ Da bravi e scaramantici tifosi avremmo dovuto disdire l’ordine ma noi volevamo guardare il 50 % del bicchiere mezzo pieno!!!! Ma in altri giorni quanto era vuoto quel bicchiere!!! L’utilizzo di internet era ancora poco diffuso e sui vari libri che avevamo a disposizione, all’ernia diaframmatica erano dedicate solo poche righe di spiegazione e quindi si brancolava nel buio.
Il giorno 2 ottobre fu il giorno dell’ecocardio fetale, fortunatamente non ci fu nessuna ulteriore cattiva notizia ma rassicurazioni sul buon funzionamento del cuore nonostante la destroposizione , veniva solo evidenziata una modesta compressione del ventricolo sinistro a causa della pressione dello stomaco. Evviva ! Il nome era stato azzeccato . “Riccardo cuor di leone !” Quel giorno si ricorda la festa degli angeli custodi e durante questa avventura ne abbiamo avuti tanti tra cui un angelo mio personale, Marilena. Ho lavorato grazie alla nuova legge fino a fine dell’ottavo mese ed essendo lei, tra le due ,quella da sostenere perché una mole di lavoro grossa le stava per arrivare sulle spalle ,in questo modo mi ha distolto un po’ la mente via dai miei tristi pensieri.Abbiamo affrontato questo impegno con serietà ma anche con il sorriso sulle labbra,grazie anche ad un ‘incredibile ed immediata intesa.
Sono certa che Dio ha voluto mettermi questo angelo custode vicino anche nel caso le cose fossero andate diversamente , lei sarebbe stata la persona giusta per me . Il mese passato a casa mi sono goduta la mia nonna Agnese, anche perché vicino a lei ero obbligata a trattenere le lacrime per non farmi vedere e ho approfittato del tempo libero per fare a ricamo i personaggi della favola di Pinocchio su un metro per misurare l’altezza dello spilungone che avevo in pancia.
Nel frattempo continuarono le visite settimanali dal Dr. Gallo e ………..nessuna nuova, buona nuova! Il liquido amniotico per fortuna non aumentava e quindi il 2 novembre venne deciso che il giorno del parto indotto sarebbe stato martedi’ 7 novembre , programmandolo in modo da far trovare pronta la migliore equipe in terapia intensiva.
E arrivò il 07 novembre 2000! E con l’affetto di tanti , il bigliettino della mia mamma e il cioccolato di Claudia con tanti auguri al bimbo che avrebbe visto prima il duomo di Milano di piazza S.Michele , partimmo alla volta della Mangiagalli .Quanto era lunga e affollata la tangenziale est quella mattina !!! Dopo l’accettazione ,fui portata nell’area parto e la visita ginecologica evidenziò una diladatazione di 1 cm, (dilatazione che avevo da tempo) ma dopo un’ora di tranquillo monitoraggio, leggendo Topolino, i cm di dilatazione passarono a 4 , mi dissi che probabilmente quello era il giorno giusto, voluto anche dalla natura in barba alla programmazione.Il dr. Tzannis mi mando’ i suoi saluti tramite una collega che quel giorno si trovava in Mangiagalli e in questo modo lo sentii molto vicino anche se non mi assisteva personalmente al parto . Le ostetriche che si alternavano al controllo mi fecero i complimenti per come affrontavo contrazioni non proprio lievi ma devo dire che la respirazione “diaframmatica “imparata per il canto mi aiutò molto . Ironia della sorte il diaframma era sempre in mezzo! I medici effettuarono quindi la rottura del sacco e partì cosi’ il travaglio , insomma poi per farla breve visto che non sono io la protagonista del racconto , alle ore 17,25 con la sala parto piena di medici, ostetriche ed allievi vari visto il caso particolare nacque il nostro Riccardo, lo salutai in un modo buffo e feci così ridere tutti. Sempre la solita Leti !!! Dopo tutte le cure del caso, mi portarono in corridoio e li’ aspettammo. Minuti che sembravano ancor piu’ interminabili perché altre mamme sul lettino avevano il loro bimbo vicino, io no, e quando finalmente un’ostetrica ci venne a dire che Riccardo pesava Kg. 3,120 io le chiesi in continuazione. “ E’ vivo ? E’ vivo?” “Si, stia tranquilla, è vivo e tra un paio d’ore se tutto va per il verso giusto lo potrete andare a vedere” . E venne il momento , ci attesero all’ingresso della TIN il dott.Mosca e la dott.ssa Pugni e ci accompagnarono nella terapia intensiva massima , la famosa Sala Mare . Questa sala aveva un bellissimo decoro con pesci, stelle marine e tanti pesciolini prematuri chiusi nelle loro incubatrici come tanti acquari, Ricky no, lui era su un lettino aperto , al loro confronto era una balena ma mentre i pesciolini si agitavano , la balena era immobile, completamente sedato , con gli occhi chiusi , tutta piena di fili , tubi e respiratori ecc.ecc. ma era bello, davvero un bellissimo bambino!!!! Il nostro Riccardo , braccialetto 42049 : tra tanti numeri che una ragioniera vede nella sua vita questo numeretto non lo scordero’ mai. Il nonno Micky la mattina successiva, come è simpatica e significativa abitudine da noi, suonò le campane per la nascita di Riccardo.
I medici ci dissero che avrebbero dovuto stabilizzare le condizioni prima di fissare l’intervento, quando si entrava in reparto e ci veniva detto “ è stabile” sembrava quasi brutto perché non c’era miglioramento ma capivi poi la bellezza di quella parolina, che ora odio, al successivo peggioramento: quanto rimpianto per la “stabilità” di qualche ora prima. In quei giorni continuavo a piangere e mi aggiravo come uno zombi , sembrava tutto grigio intorno a me e voglio qui ricordare uno tra i tanti raggi di sole che rendevano la realtà meno dura: il dolce sorriso di Antonia e le sue materne braccia pronte a scaldarti un po’ il cuore. A dire il vero tutto il personale ad ogni livello è stato davvero super ma è inevitabile che con alcuni si crei un legame affettivo piu’ marcato. Aspettavamo le ore nel corridoio rovinandoci gli occhi per vedere il bimbo dai buchini delle tendine e se la posizione era favorevole si riuscivano anche a vedere i valori sui monitor , valori che avevamo imparato a conoscere e che ci davano sollievo o angoscia a seconda di quello che si riusciva a intravedere. Dopo un paio di giorni di alti e bassi, defaillance respiratorie , ossido nitrico e riassestamenti , venne programmato l’intervento per il venerdi’ mattina ,sicchè per il giovedì sera si decise con Don Materno, cappellano della clinica Mangiagalli di battezzare il bimbo con rito d’urgenza. Ho cantato a tanti battesimi che avevano un allegro gusto di benvenuto ai bambini nella grande famiglia dei figli di Dio ma quello di Riccardo ,fatto in quel momento così difficile aveva un sapore quasi di addio, un momento struggente e intensissimo, un ricordo visivamente indelebile nella memoria.Una di quella sere non fui nemmeno in grado di andare a vederlo , stavo troppo male per l’idea di perderlo ed ebbi come un rifiuto di soffrire ulteriormente nel vederlo. Ci dissero che la mattina dopo saremmo dovuti andare presto in reparto per salutare il bimbo prima che entrasse in sala operatoria, ma quando entrammo in sala mare ci dissero che Riccardo era parecchio peggiorato nella notte e tra l’altro staccarlo dal mega respiratore per facilitare il trasporto in sala operatoria sarebbe stato rischioso. Quindi l’intervento sarebbe stato eseguito non appena le condizioni l’avrebbero permesso e le condizioni permisero l’intervento il sabato 11 novembre . Alle 14 circa Carlo corse in camera e mi disse : Leti corri stanno portando Ricky in sala operatoria !” Corsi dietro quel carrellino dove il Dr. Mosca teneva attiva la ventilazione ma il “corteo” si fermò alle porte gelide della sala operatoria. Non so perché ma al ripetuto pigiare del campanello, le porte non si aprivano, gli infermieri si guardavano stupidi e quei minuti di strana attesa mi sono sembrate ore ma il viso sereno del primario ed un suo appena accennato sorriso mi restituirono tranquillità e la porta immediatamente si apri’. Tornai in camera e inviai alcuni sms , uno anche al Dr. Tzannis che nel frattempo tenevo sempre aggiornato. Furono due ora circa che non so definire se lunghe o corte, calde o fredde, rumorose o silenziose, il tempo era dilatato come quando ti sembra di stare sott’acqua un minuto e invece ci sei stata un secondo. Poi vidi Carlo e il Dr. Tzannis entrare abbracciati ed emozionati nella mia camera proprio nel momento in cui ci chiamavano in reparto: Ricky era rientrato dalla sala operatoria. Entrammo noi tre a vedere il nostro Ricky : il petto era meno gonfio rispetto a prima e la pancia piu’ piena a causa della sistemazione degli organi che prima erano fuori posto. Il Prof. Mosca disse al Dr. Tzannis che l’ernia diaframatica è una delle piu’ difficili patologie per un neonatologo perché tutto deve svolgersi in un delicatissimo equilibrio. Baci e abbracci in corridoio con gli altri genitori in una sorta di euforia generale, quasi subito spenta al pensiero che il Giro non era finito ma solo un’importante tappa era stata portata a termine. Poi ci fu il mio irruente abbraccio al Prof. Giacomoni che aveva operato Ricky e qui ricordo un episodio buffo in cui l’anestesista disse “ Ecco ,abbracciano tutti il chirurgo e dei poveri anestesisti non si ricorda mai nessuno” Questa frase nell’eccitazione del momento mi scivolo’ sopra ma la notte mi torno’ in mente : la mattina dopo l’aspettai all’ingresso e mi scusai con lei, ringraziandola per l’apporto comunque determinante alla buona riuscita dell’intervento. Il prof. Giacomoni ci disse che si era riusciti ad eseguire una discreta sutura del diaframma utilizzando lo stesso tessuto senza aiuti extra.
Nei giorni precedenti l’intervento quando io ero ancora ricoverata, Carlo era l’incubo delle infermiere, presente per il massimo di ore consentite e anche a dispetto delle regole si chiudeva con me in bagno e ripeteva in continuazione “ Non puo’ morire un bambino così bello” , io, come mi è stato insegnato ,cercavo di pregare, non ne sono mai stata tanto capace ma con tutta quella confusione in testa mi veniva solo “ Angelo di Dio , che sei il suo, il nostro custode….” E ripetevo sempre quella ,scansando il Padre Nostro, credetemi, dire in quelle condizioni “ sia fatta la tua volontà” è un macigno sul cuore.
Il lunedi’ sera fu cambiata la ventilazione e diminuita la sedazione quindi il movimento del respiro risultava piu’ naturale e il bimbo cominciava a muovere i piedini e le palpebre.
La gioia di mercoledi’ mattina nel vederlo per la prima volta con gli occhi completamente aperti fu subito azzerata dalla notizia di febbre con sospetta infezione , le radiografie a Riccardo erano all’ordine del giorno ma fortunatamente si tratto’ solo di reflusso biliare e non c’era la tanto temuta infezione. Fu una settimana difficile per me, Riccardo con la saliva verdastra e gli occhi aperti sembrava quasi cosciente della sua sofferenza e questo mi buttava a terra. Il sabato però venne staccato il respiratore e messe le CPAP chiamate nasocanule con cui il monello faceva delle belle bolle di……………..saliva. Per la prima volta sentii il suo pianto, la sua voce, leggerissima e rauca, dovreste sentire ora che urli fa e come canta bene !!!! Nel tardo pomeriggio , tremanti tremanti e impacciati da morire lo prendemmo in braccio ancora tutto pieno di fili e tubicini; dopo 11 lunghissimi giorni piena di paura di farlo cadere, appoggiato su un telo verdone attaccatato ai fili come un modem di adsl finalmente avevo tra le braccia il mio bambino. Dal quel giorno sembrai un’altra persona a detta di alcune mamme conosciute nella sala dei tiralatte, dove le compagne di sventura cercavano di fare qualcosa di utile per i loro piccoli e racimolare chi piu’, chi meno (io) un po’ di lattino per i propri cuccioletti. Un episodio che mi resterà sempre nel cuore è il momento in cui fu ora di dare a Ricky le prime gocce del latte della sua mamma e l’infermiera addetta invece di mettere il mio latte nel sondino nasogastrico le mise direttamente in bocca con un ciucetto prima e poi con una siringa e disse” e dai, il primo latte della mamma non ci va con il sondino” ! Bello, davvero un bel gesto ! Dopo qualche giorno Riccardo lasciò la “sala mare” per passare in “sala giardino” e in compagnia di Marco, Pieranna e Valerio passammo 15 giorni abbastanza tranquilli ma con parecchie difficoltà di suzione, non riuscivamo piu’ a liberarci di questo sondino, lui faceva il pigrone e non c’era verso di succhiare il latte. Quello buono e dolce di mamma era davvero pochissimo e quello adatto a lui era grigio e la bravissima zia Germana disse che aveva ragione perché sapeva di topo morto sicchè spesso ci scappava un po’ di Dulceril. Poi piano piano le cose migliorarono.
Un pomeriggio con la cullina a mo’ di carrello del supermercato ci spostarono nella “sala II” e mi vergogno un po’ a dirlo ma avrei dovuto gioire per questo miglioramento invece ero triste: un po’ forse mi dispiaceva lasciare l’ombra calma del “ giardino” e la compagnia di Pieranna e un po’ mi preoccupava il pensiero del futuro: il nostro bambino finora protetto dal supermonitoraggio sarebbe stato d’ora in avanti solo sotto il controllo del saturimetro. Ma anche li’ grazie alle amorevoli cure dello zio Fausto e di tutte le altre zie e zii che si sono alternati passammo giorni di piccoli progressi .
Le emozioni dei giorni successivi sono legate alla prima vista della ferita sul pancino di Ricky, al primo bagnetto, ad un angioletto di nome Fabiana andata in cielo il 17 dicembre e all’albero di Natale fatto dalle volontarie Abio, appeso sulla porta del reparto con appiccicate le stelline con i nomi di tutti i bimbi ricoverati . Sapete qual’era il nome della stellina piu’ in alto ? Non ve lo dico per motivi di privacy, ma la storia di quella stella ora fa luce a tanti genitori di bimbi prematuri.
Ed eccoci qui al giorno 19 dicembre, giorno in cui dopo 42 giorni portammo Riccardo a casa.
Fu commovente il saluto a tutti ma in particolare al Dott. Mosca al quale scrissi un bigliettino che si concludeva in questo modo: …..Le dico solo una parolina che racchiude in se’ tutto e che non vedo l’ora di insegnare al mio bambino : GRAZIE !”
Ed ora i miei Grazie :grazie alle nostre famiglie , sempre vicine anche se non abbiamo citato tutti nella storia perché siamo davvero tanti tra genitori, fratelli e sorelle, nonne, zii e cugini, ho persino un fratello in Africa, un grazie a tutti gli abbracci che ho ricevuto con il corpo, con lo sguardo, con la preghiera ,con i bigliettini, con la timidezza di chi avrebbe voluto ma non sapendo cosa dire è apparentemente restato lontano, alla maestra Anna delle genziane che fa crescere fiori stupendi con l’aiuto di tanti altri al nostro asilo, alla dott.ssa Vegni per l’importantissimo follow up, a tutti quelli che ho dimenticato o non ho potuto citare personalmente per la quantità di persone che mi circondano e per la complessità del raccontare delle emozioni del genere e mi scuso , avrei voluto mettere un episodio per tutti ma non voglio approfittare della pazienza di chi leggerà ,un grazie in anticipo a tutti quelli che si occuperanno dell’educazione del nostro bambino ,ad Anita e Gabriele che consentendomi di entrare nella loro famiglia con tanta amicizia e affetto per la nascita di Miriam ,mi hanno permesso per prima cosa di rivivere la mia stessa storia da spettatrice coinvolta emotivamente ed è stato devastante ma stupendo , e anche di mettere a frutto l’esperienza di una storia faticosa ma meravigliosa che mi ha fatto crescere tanto. Forse troppo ! Vi voglio tanto bene ! Un bacio alla scatenata Martina e naturalmente a Miriam.
Sulla mia agenda, che mi ha permesso oltre alla mia memoria di stendere questa storia, il 19 dicembre scrissi : BENVENUTO A CASA, AMORE !
Ed anche questo racconto di Riccardo arriva a casa, questo sito sarà una casa per chi un giorno avrà l’onere di avere in pancia un bimbo o una bimba come i nostri. E anche grazie a queste storie non brancolerete nel buio come è successo a noi 6 anni fa.
Dimenticavo : un grosso bacio a Riccardo, che mi sforzo, per il suo bene ,di far crescere come un bimbo normale , sapendo dentro di me che comunque è un bimbo speciale. I LOVE YOU !
Leti
LETIZIA MAURI
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